TORINO, 16 FEB – Una sentenza ''incomprensibile''. Un'accusa che ''non esiste nel Codice penale italiano''. Un processo che in Svizzera sarebbe stato subito sospeso per ''gravi violazioni di procedura''.
Stephan Schmidheiny parla cosi' del processo Eternit che, a Torino, gli e' costato sedici anni di carcere. Il miliardario elvetico lo dice – o meglio, lo scrive – in una lunga nota apparsa sul suo sito internet, quello in cui viene presentato come un paladino dell'ecologia e dello sviluppo sostenibile grazie al suo sostegno ad associazioni, comitati e fondazioni.
Da lunedi' scorso su Schmidheiny (e sul barone belga Louis De Cartier) pesa una condanna per disastro ambientale doloso e per rimozione volontaria di cautele: gli sono contestati i quasi duemila morti provocati dall'amianto lavorato a Casale Monferrato (Alessandria) e in altre citta' italiane.
Oggi, a Casale, gli aderenti e i simpatizzanti dell'Afeva, l'associazione familiari vittime dell'amianto, si sono riuniti in assemblea. ''Per la prima volta, dopo quarant'anni di lotte, ci siamo fatti un applauso. Ce lo siamo meritato'', hanno detto aprendo il loro incontro.
Schmidheiny non ci sta. Il comunicato promette battaglia in appello, riassume i punti principali della tesi difensiva dello svizzero (l'assenza di incarichi decisionali in Eternit Italia, i 60 milioni di franchi investiti dalla casa madre per la sicurezza nelle fabbriche, gli sforzi compiuti negli anni Settanta per modernizzare la produzione, la scelta della comunita' scientifica e dell'Organizzazione mondiale della sanita' di ammettere l'''uso controllato'' dell'amianto nell'industria) e scaglia durissime critiche all'impostazione del processo.
Alcuni esempi: ''l'accusa di 'non avere preso iniziative per eliminare un disastro' non e' menzionata nel Codice penale italiano e sembra che sia stata inventata''. Ce la si prende anche con il drastico taglio dei testimoni deciso dai giudici per evitare che il processo si allungasse a dismisura, con il calendario degli interventi che ''ha penalizzato la difesa'', con l'assenza di un'indagine epidemiologica sui singoli casi di malattia o morte.
''L'amianto – dice Peter Schurmann, portavoce di Schmidheiny – e' una tragedia mondiale e dare la colpa a singoli individui dopo 25 anni e' assurdo e disonesto''.
Ma la Procura di Torino non intende mollare la presa. Oggi il procuratore Raffaele Guariniello ha ribadito che, insieme ai colleghi Sara Panelli e Gianfranco Colace, intende fare un processo bis per omicidio (forse addirittura per omicidio volontario) non solo per i morti di Casale, ma anche per quelli di Bagnoli e Rubiera, in parte cancellati dalla prescrizione nel processo principale. ''Non ci sono morti di serie A e di serie B'' ammonisce il ministro della salute, Renato Balduzzi.
La prescrizione potrebbe spiegare, almeno in parte, il rebus dei nomi delle parti civili che, al momento della lettura del dispositivo, non sono stati citati dal giudice Giuseppe Casalbore. ''Ma secondo noi – dice Bruno Pesce, esponente dell'Aneva – per la maggior parte dei casi si tratta di un errore materiale che si dovra' correggere in appello''.