Francia: medici salvano neonato. Accusati di accanimento terapeutico

La decisione presa dal Tribunale di Nîmes nei confronti dell’ospedale di Gand costituisce una novità assoluta nel panorama legislativo delle terapie medicali. Per la prima volta, dei giudici francesi hanno condannato dei medici per non avere lasciato «la natura fare il suo corso ». Detto in altre parole, i dottori sono stati condannati per avere salvato una vita.

L’antefatto è nella sala parto di un ospedale. La madre di Michael, in preda a fortissimi dolori, ha richiesto più volte l’intervento dei dottori. Questi, occupati altrove, non arrivano in tempo. Non abbastanza, in ogni caso, per accorgersi di un’anomalia del ritmo cardiaco fetale. Quando Michael nasce, si trova in uno stato di « morte apparente », una condizione clinica in cui il neonato non risponde agli stimoli e il cuore batte in maniera eccessivamente lenta. Il cervello non è alimentato dall’ossigeno in maniera sufficiente. Come è prassi in queste circostanze, l’equipe fa di tutto per migliorare lo stato del lattante. Tutto risulta inutile.

Venti minuti dopo il parto, il ginecologo annuncia ai genitori la morte di loro figlio. Nel frattempo si volge il nodo del dramma umano e giudiziario. Mentre il dottore si fa ambasciatore della dolorosa notizia, i membri dell’equipe proseguono i tentativi di rianimazione. Ecco che dopo venti minuti di cure intensive, il cuore di Michael comincia a battere di nuovo. Ma a un prezzo non da poco, un gravissimo handicap mentale e fisico che lo accompagnerà tutta la vita. Oggi quel lattante è un bambino di 7 anni che non può camminare e la cui colonna vertebrale è sostenuta da una struttura esterna.

Questa storia di malattia si apparenta ad un dilemma morale e giudiziario sempre più centrale delle riflessioni etiche dei paesi sviluppati. L’«irragionevole ostinazione», che i giudici hanno infatti imputato alla struttura ospedaliera porta un nome più comune, quello, a tutti ben noto, di accanimento terapeutico. Da una parte è indubbio che le tecniche mediche non possono essere indiscriminatamente adoperate per rianimare soggetti che saranno salvati solo al prezzo di incalcolabili danni cerebrali e fisici. Dall’altra, come dice un medico che non ha rivelato il suo nome: « Da un punto di vista medico, dopo tre minuti di privazione di ossigeno, sappiamo che ci saranno delle conseguenze irreversibili. Ma non si conosce il livello delle conseguenze finche il bambino non è stato rianimato. Ecco, rianimare è il nostro lavoro. »

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fmontorsi