Francia, sogna la madre uccisa e fa arrestare il padre

PARIGI – Tutti pensavano che Djamella fosse fuggita di casa nel 1998, abbandonando il marito e la figlia di due anni in un villaggio del sud della Francia. Ma quando la bambina nel 2005 ha raccontato di sognare sempre la madre uccisa a coltellate, la polizia ha aperto un'inchiesta e ha finito per accusare il padre Christian di uxoricidio. Un'accusa confermata dal tribunale, che ieri in primo grado ha condannato l'uomo a 30 anni.

Per la giuria del tribunale del Gard, nel sud della Francia, non ci sono stati dubbi: è stato Christian Carriè ad uccidere la compagna Djamella, misteriosamente scomparsa dal villaggio di Aveze nel 1998, all'età di 22 anni. L'uomo, 50 anni, è stato condannato ieri sera a 30 anni di carcere, due terzi dei quali in isolamento. L'imputato ha annunciato appello.

La condanna mette fine a un intrigo che dura da 13 anni. Per anni i parenti di Djamella avevano pensato a una fuga della donna con un altro uomo, tanto più che alcune lettere ricevute confermavano in loro questa tesi. Lettere, pero', che venivano scritte e spedite da Christian Carriè.

Il colpo di scena avviene però nel 2005, quando Laura, la bambina nata dalla coppia e cresciuta ormai dal padre, viene mandata a 9 anni dagli assistenti sociali in un istituto, con il sospetto di un incesto in casa.

In una delle prime sere in istituto, la ragazzina confida agli assistenti l'incubo che la perseguita: ''Il mio papà prende un coltello, lo pianta nel collo della mia mamma. Vedo il mio papà. Vedo la mia mamma. La mamma cade per terra sulla schiena e il sangue scorre in terra''.

La bambina viene subito interrogata da un giudice istruttore e le indagini, che erano in vicolo cieco, riprendono. Dopo 3 anni, arrivano ad incastrare Christian Carrie'. Il quale confessa, il 12 dicembre 2008, di aver ucciso la moglie, che a sua volta, secondo lui, voleva ucciderlo. Poi ha tagliato in pezzi il cadavere, buttandolo nei cassonetti dell'immondizia e dandolo in parte come cibo ai cani.

Un mese dopo, la ritrattazione, ma ormai era tardi. Il tribunale non gli ha creduto. L'incubo della ragazzina, oggi quindicenne, secondo i giudici del primo grado era realtà.

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Maria Elena Perrero