“La sua morte e’ assolutamente tragica”, ha affermato il premier, parlando in un’intervista alla Bbc. Ma poi ha rincarato la dose, definendo ”vili” i siti che offrono spazio ai ‘cyberbulli’ pronti a prendersi gioco di adolescenti fragili come Hannah. ”Chi gestisce questi siti – ha aggiunto Cameron – deve agire e mostrare una certa responsabilità. Non e’ accettabile quello che puo’ accadere su questi social network”’.
Il premier non ha potuto non ricordare di avere tre figli. Nelle scorse settimane lo aveva ribadito chiaro e tondo: i miei figli potranno avere un profilo Facebook ma solo se riesco a controllarli. I pericoli dietro un ‘innocente’ pc sono molti. Il premier ha gia’ contrastato la pornografia online e ora sembra proprio deciso a fare altrettanto. Il caso di Hannah ha colpito lui e l’opinione pubblica nazionale.
La giovane di Lutterworth, nel Leicestershire, Inghilterra centrale, era diventata oggetto dei peggiori insulti sul social network: qualcuno era arrivato a dire ”se muori nessuno se ne accorgerà”. E lei lo ha preso alla lettera, impiccandosi. Le parole del premier hanno avuto un effetto immediato. Prima qualche azienda e poi veri e propri colossi, oltre ad associazioni non profit, hanno ritirato la loro pubblicita’ da ‘ask.fm’. Dal gruppo telefonico Vodafone fino all’associazione ‘Save the Children’, e’ stata una corsa a lasciare il social network finito sotto accusa.
‘’Mettiamo il benessere dei bambini al primo posto – ha detto un portavoce di Save the Children – ecco perche’ dopo la morte di Hannah Smith non faremo piu’ pubblicita’ su ‘ask fm’’. Il sito, fondato nel 2010 dai fratelli Mark e Ilja Terebin e basato in Lettonia, ha tentato di reagire per evitare la fuga in massa dei suoi inserzionisti britannici. In una sua nota ha affermato che sta collaborando pienamente con l’inchiesta avviata dalla polizia del Leicestershire, che la morte di Hannah e’ stata una ‘’tragedia’’ e che negli ultimi mesi ha cercato di migliorare la sicurezza dei 60 milioni di iscritti in tutto il mondo.
Intanto in Canada sono stati arrestati due uomini coinvolti in un’altra vicenda di cyberbullismo, quella di Rehtaeh Parsons, la 17enne morta ad aprile dopo aver tentato il suicidio per la vergogna di vedere online le foto di una violenza sessuale da lei subita.