Professori con licenza di… picchiare. La Gran Bretagna deve mettere fine alla violenza e alla disubbidienza giovanile nelle scuole, ma soprattutto deve «rimettere in equilibrio la bilancia del potere tra gli studenti e i professori, invitati a utilizzare le maniere forti quando queste sono necessarie per ristabilire l’ordine all’interno della classe». Lo ha annunciato Nick Gibb, cinquantenne ministro dell’Istruzione, costretto a fare i conti con i raggelanti dati relativi al 2009 del servizio nazionale scolastico: 2.300 ragazzi espulsi dagli istituti per avere aggredito i propri educatori o i propri compagni, due professori su cinque fatti oggetto di violenze personali.
Sono quattro i cardini del nuovo dictat: i professori hanno diritto di fare ricorso alla forza fisica, con l’unica avvertenza di non ferire i ragazzi, per impedire comportamenti antisociali.; gli insegnanti possono intervenire non solo perché spinti dall’uso di armi, droghe e alcol da parte degli allievi come previsto dalla legge vigente, ma anche per dissuaderli dal maneggiare telefoni cellulari, mp3, dispositivi elettronici, materiale pornografico e ogni altro oggetto considerato improprio; gli educatori possono imporre i cosiddetti «provvedimenti di detenzione» senza le 24 ore di preavviso previste dal governo Brown. Il ragazzo punito, in sostanza, può essere costretto a fermarsi nelle ore pomeridiane per essere sottoposto a lezioni di recupero senza passare da casa.; infine ai professori che vengono accusati di maltrattamenti o di comportamenti scorretti è assicurato l’anonimato per non esporli a possibili calunnie.
La progressista Christine Blower, responsabile del sindacato degli insegnanti, abituata a essere abbandonata come una spiaggia in ottobre nelle sue battaglie a difesa della categoria, ha commentato secca: «È giusto intervenire sui ragazzi che superano il limite, i tentativi di violenza sessuale e l’uso dei coltelli sono ormai il nostro pane quotidiano». Solo l’Università di Hull ha prodotto una ricerca per mettere in guardia il governo. «Tra telecamere negli istituti e minacce di ritorsioni corporali i giovani, terrorizzati, smetteranno di avere fiducia negli adulti, ameranno di meno lo studio e dunque impareranno di meno».
Quando gli hanno comunicato le perplessità del prestigioso consesso, Nick Gibb ha inarcato appena il sopracciglio e ha canticchiato tra sè e sè il ritornello in latino della canzone dei suoi tredici anni: «Maidstonenses gaudemaus Laudibus, et efferamus Scholam nostram, quae oramus Sempiterna floreat» («Maidstoniani rallegriamoci con lodi, esaltiamo la nostra scuola, che preghiamo prosperi in eterno»), poi si è allontanato con una risata vittoriosa immobile nella bocca.
