Giornalisti: nei Balcani minaccia da politica e criminalità

BELGRADO, 29 GIU – L'impegno delle autorita' ad andare fino in fondo nella scoperta e la cattura di chi ha ucciso o aggredito giornalisti e' stato sottolineato dal presidente serbo, Boris Tadic, intervenuto oggi a una conferenza sul giornalismo investigativo, organizzata a Belgrado dall'Organizzazione dei media nel sudest Europa (Seemo) che ha sede a Vienna.

''Il giornalismo investigativo e' un lavoro molto delicato, voi avete come missione quella di scoprire la realta' invisibile, di smascherare processi che sono pericolosi e che minacciano l'ordine economico di un Paese. Il vostro lavoro e' quello di controllare i rappresentanti dello Stato e del governo'', ha detto Tadic. Nessuno, ha aggiunto, e' del tutto indipendente nel mondo d'oggi, tuttavia e' necessario stabilire ''la maggiore indipendenza possibile, che e' l'unico modo per costruire e contribuire a una societa' matura''.

Nella giornata conclusiva della conferenza, apertasi lunedi', numerosi giornalisti di vari paesi balcanici hanno denunciato le gravi minacce nei loro confronti, sottolineando come esse provengano non solo dagli ambienti politici ed economici, ma anche dalla criminalita' organizzata.

''Il governo e le autorita' devono fare di tutto per instaurare un'atmosfera nella quale i giornalisti non vengano piu' minacciati o aggrediti'', ha detto Dejan Anastasijevic, del settimanale serbo Vreme, noto per i suoi servizi sui crimini di guerra e le altre atrocita' commesse durante le guerra degli anni Novanta nella ex Jugoslavia.

Altri giornalisti di vari Paesi della regione hanno denunciato intimidazioni e aggressioni, chiedendo alle istituzioni di intervenire energicamente per garantire liberta' di espressione e l'incolumita' dei giornalisti.

Secondo dati diffusi da Seemo, nel 2010 sono stati registrati oltre 400 casi di attacchi e aggressioni contro giornalisti nei venti paesi aderenti all'organizzazione, dalla Turchia alla Bielorussia, dalla Moldova al Kosovo, dalla Serbia alla Bulgaria, Romania e Ucraina.

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Emiliano Condò