La Grecia in carne e ossa, quella che sarà colpita dalla cura da cavallo imposta dall’Europa per rientrare nei parametri stabiliti, risponde con rabbia alla Grecia politica, alla promessa di tre anni di rigore assoluto, tagli a pensioni, stipendi, organici del pubblico impiego e aumento di accise sulla benzina, Iva, tasse indirette.
“Popoli d’Europe sollevatevi”, grida lo striscione spiegato sull’Acropoli da un centinaio di militanti del sindacato comunista Pame, in una Grecia paralizzata: chiusi ospedali, scuole e uffici. Fermo il traffico terrestre, aereo e marittimo.
Domenica mattina il premier greco George Papandreou, in diretta tv, ha annunciato i “grandi sacrifici” che il Paese dovrà fare per “evitare la bancarotta”, dopo l’accordo sul piano di austerity tra Atene, Commissione Ue, Bce e Fmi.
E dal primo maggio, festa di quei lavoratori che stanno pagando il prezzo della crisi, sono iniziate ad arrivare le risposte dei cittadini. Non a parole, ma con i fatti: giovani incappucciati del movimento anarchico hanno manifestato nella capitale davanti al ministero degli Esteri, e hanno lanciato bombe molotov contro gli agenti.
Stesse scene a Salonicco, con la polizia intervenuta con i gas lacrimogeni per disperdere i gruppi di ragazzi che lanciavano pietre contro le vetrine di negozi e banche.
Mentre il Pame manifesta sull’Acropoli, gli altri sindacati rispondono con uno sciopero generale di 48 ore. “Non accetteremo il taglio del 30 per cento dei salari”, tuona Spiros Papaspirous, presidente di Adely, il sindacato dei dipendenti pubblici che sono quelli più colpiti dai tagli. E invita i greci a “rispondere con forza» al «saccheggio dei redditi e dei diritti dei lavoratori sia nel settore pubblico che privato”.
Il pacchetto lacrime e sangue da 30 miliardi annunciato dal governo Papandreou prevede tagli e nuove imposte. E se sul tavolo dei negoziati si discute un piano triennale, nella realtà l’Fmi prevede un impegno di 10 anni in Grecia, il tempo necessario cioè a completare le attese riforme economiche nel Paese.
Bisognerà vedere quanto reggeranno i dipendenti pubblici, con stipendi decurtati del 20 per cento, i pensionati, anche loro con sussidi ridotti, i dipendenti privati, dopo il via libera ai licenziamenti dato dal governo.