E’ un atto di accusa contro il nonno Jean, capo di gabinetto del premier Laval nel regime collaborazionista di Vichy, l’ultimo libro di Alexandre jardin, Des gens très bien, raccontato da Stefano Montefiori sul Corriere della Sera.
Ma Jean non è solo il nonno di Alexandre: rappresenta anche le tante famiglie francesi che hanno chiuso gli occhi di fronte alla strage silenziosa degli ebrei.
“Per questo ora sono io sotto accusa, racconta l’autore al Corriere della Sera. Dicono che non ho le prove della complicità diretta di mio nonno, ma è una difesa affannosa e immotivata, che nasconde il bisogno di chiudere gli occhi, ancora una volta, come è sempre stato fatto in Francia dal 1945, quando ci siamo inventati resistenti e gollisti. C’era la Guerra fredda, un Paese distrutto da ricostruire, bisognava andare avanti. Ora potremmo guardare con più sincerità al nostro passato, ma nessuno ne ha il coraggio”.
Des gens très bien (Persone perbene) esce a Parigi il 13 gennaio per Grasset (in Italia sarà pubblicato da Bompiani), ma sta già scatenando infinite polemiche. Ma a Jardin non importa: “Non è facile rinnegare la propria famiglia. Oggi ho 45 anni, l’età che aveva mio padre quando è morto. Ho sempre sentito che al fondo delle nostre stranezze c’era l’indicibile, il silenzio, la cecità. Ora è il momento di rompere il tabù, personale e collettivo”.
“Mio nonno Jean, ricorda Jardin, capo di gabinetto del primo ministro antisemita Pierre Laval dal maggio 1942 a ottobre 1943, era il braccio destro del capo del governo petainista, la posizione operativa più importante. Fu oggettivamente corresponsabile della retata del Vel d’Hiv del 16 luglio 1942: 13 mila uomini, donne e bambini ebrei catturati e mandati a morire sui treni francesi ad Auschwitz. Nella sua posizione non poteva non sapere. E non si è mai scusato, non si è mai interrogato su nulla. Come lui, migliaia di francesi in posizioni di responsabilità. Per per questo ora tanta stampa di quell’area politica mi attacca. Nessuno, ancora oggi, vuole fare i conti con quella che è stata davvero la Francia collaborazionista di Pétain”.
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