
Lady Diana, la lettera segreta prima di morire: sospettava che Carlo tramasse per ucciderla (Foto d'archivio Ansa)
Nel 1997 la morte di Lady Diana ebbe una risonanza a livello mondiale. Ci fu chi pensò a un complotto dei reali, non ultimo in seguito a una lettera scritta dalla principessa del Galles in cui affermava che Carlo stesse tramando per ucciderla.
L’ex capo della polizia metropolitana, John Stevens, ha rivelato che il futuro erede al trono nel 2005 fu sentito come testimone, non interrogato come sospetto, nell’ambito dell’inchiesta durata tre anni sull’incidente automobilistico avvenuto nel tunnel dell’Alma a Parigi.
Lady Diana temeva che Carlo la volesse morta per sposare la tata
Nel 1997, Carlo e Diana erano separati ma non avevano divorziato. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, nella lettera Lady D prevedeva la sua morte per “guasto ai freni e grave trauma cranico” affinché Carlo potesse sposare l’ex tata dei suoi figli, Tiggy Legge-Bourke.
Diana sembra fosse convinta che il marito e Tiggy avessero una relazione, una falsa accusa che sconvolgeva profondamente la giovane donna. Nella nota, Diana avrebbe scritto:”Camilla non è altro che un’esca”.
La testimonianza del Principe Carlo
Lord Stevens ora ha raccontato come si è svolta – in piena segretezza – la testimonianza di Carlo al St James Palace di Londra. Il Daily Mail riferisce che l’ex capo del MET avrebbe letto la nota al principe e se sapesse perché Diana l’avesse scritta nell’ottobre 1995. Il principe rispose:”Non ne sapevo nulla fino a quando non è stata pubblicata dai media”.
A distanza di due anni dalla nota, Diana – all’epoca aveva 36 anni – perse la vita Parigi. Insieme a lei morirono Dodi Al Fayed e l’autista Henri Paul.
Lord Stevens ha ipotizzato che l’ex giornalista della BBC, Martin Bashir, durante l’intervista rilasciata da Diana nel 1995, potrebbe aver sfruttato la vulnerabilità di Diana e scatenato delle preoccupazioni per la sua incolumità.
Ha aggiunto di non aver mai dubitato delle dichiarazioni del principe:”E’ stato incredibilmente collaborativo perché non aveva nulla da nascondere”.