Sono un esercito di oltre 44 mila facce di bronzo. Lavorano nelle istituzioni dell’Unione europea con un contratto a tempo indeterminato, guadagnano da un minimo di 4 mila ad un massimo di 16 mila euro al mese esentasse e ora si battono per avere un aumento. Noncuranti del momento di crisi, del fatto che anche nei Paesi più sviluppati i numeri dei disoccupati aumentano giorno dopo giorno, che le casse degli Stati si svuotano e che sono tantissime le persone che non arrivano a fine mese.
Sono tutti burocrati che lavorano nelle istituzioni dell’Unione europea. Chi nella Commissione, chi nell’Europarlamento, chi nel Consiglio dei governi. Segretarie, uscieri, impiegati, traduttori, ricercatori, archivisti che guadagnano da un minimo di 4 mila euro al mese ad un massimo di 16 mila euro.
Esentasse si intende. Ora però, come riporta Ivo Caizzi sul Corriere della Sera, sono scesi sul piede si guerra: minacciano scioperi e proteste per mantenere l’antico “metodo” di aumenti salariali automatici. Vogliono cioè che i loro stipendi siano aumentati del 3,7% l’anno. Anche quest’anno di grande crisi economica.
Sono privilegiati, indubbiamente. In più i loro stipendi, oltre ad essere stratosferici per il ruolo che ricoprono, non sono sottoposti alle imposte dei vari Paesi. Di ciò che guadagnano l’Europa si trattiene una minima parte. Basti pensare che per chi guadagna 10 mila euro al mese l’Ue trattiene solo 1200 euro. Però evidentemente non si accontentano. I sindacati comunitari minacciano di ricorrere alla Corte di Giustizia se non otterranno l’aumento del 3,7% su questi salari.
Ma la loro battaglia rischia di ritorcerglisi contro. Alle loro richieste si sono già opposti i governi di Germania, Regno Unito e Austria. E qualcuno già sta pensando, per tutta risposta, di mettere in discussione tutto il regime salariale dei burocrati dell’Ue, sottoponendo questi stipendi d’oro ai rispettivi sistemi di fisco nazionali e equiparandoli, quindi, a quelli dei normali cittadini.