LuxLeaks 2. Telecom e Fininvest nella lista. Disney paga lo 0,28% di tasse

Jean Claude Juncker, l’ex premier del Lussemburgo

ROMA – LuxLeaks 2. Telecom e Fininvest nella lista. Disney paga lo 0,28% di tasse. Riesplode lo scandalo LuxLeaks (grazie alle rivelazioni del Consorzio internazionale dei giornalisti di inchiesta) con nuovi importanti nomi di società multinazionali (Disney, Skype, anche Telecom Italia e Fininvest) che avrebbero concordato con il governo del Lussemburgo (quando l’attuale commissario europeo Juncker ne era premier) il trattamento fiscale più conveniente.  Jean Claude Juncker torna di nuovo nella bufera. Ma anche stavolta l’ex premier lussemburghese tira dritto, annunciando di non aver nessuna intenzione di dimettersi.

Nel giorno in cui la Commissione Ue giura davanti alla Corte di Giustizia europea del Lussemburgo, la stampa internazionale pubblica nuove indiscrezioni, inserendo altre 35 multinazionali nella lunga lista di chi ha goduto di trattamenti fiscali estremamente vantaggiosi. Tra queste figurano anche Skype, Walt Disney, Telecom Italia e perfino le Koch Industries, il gruppo guidato dai fratelli multimiliardari maxi sponsor della destra americana.

Gli accordi di queste nuove società sarebbero avvenuti, secondo l’inchiesta, tra il 2003 e il 2011. Tra le pratiche utilizzate figurano deduzioni fiscali spettacolari, che nel caso di Skype portavano a pagare le imposte solo sul 5% dei guadagni, o un’imposizione fiscale molto bassa, che nel caso della Walt Disney Lussemburgo era dello 0,28%. Altri tasselli di un’inchiesta che finora aveva fatto emergere i nomi di 340 multinazionali, tra cui Apple, Amazon, Ikea e Pepsi.

Di fronte a questa, che a Bruxelles molti hanno ribattezzato, LuxLeaks due, il Granducato ha reagito con fermezza, ribadendo la volontà di sostenere ogni sforzo della Commissione Ue contro l’evasione fiscale. “I nuovi documenti – si legge in una nota del ministero delle Finanze lussemburghese – non differiscono da quelli di un paio di settimane fa. Lussemburgo concorda sul fatto che la legittimità di alcuni accordi, in linea con la legge applicabile, può essere messa in discussione”.

E lo stesso Juncker, intervistato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, oltre a ribadire il suo impegno ad andare avanti su questa strada, conferma che non ci pensa nemmeno lontanamente a lasciare il suo incarico: “E’ mai accaduto che un membro di governo si sia dimesso perché l’Europa ha dichiarato un certo sussidio inammissibile? Rivendico che la mia credibilità non sia stata danneggiata. Ma ha sofferto nella percezione pubblica per quel che è uscito sulla stampa. Ciò mi rende triste”.

Più tardi, poco prima del giuramento, è andato all’attacco, facendo balenare il sospetto che ci sia una regia dietro l’uscita di queste notizie: “Non possono essere delle vere coincidenze: la prima ondata di notizie – protesta Juncker – è arrivata quando mi sono insediato. La seconda, oggi, che la Commissione giura dinanzi alla Corte”.

Nel frattempo, la Commissione conferma che nei primi mesi del 2015 presenterà le sue proposte di riforma. Ma l’Europarlamento morde il freno: il Presidente del gruppo dei liberali (Alde) Guy Verhofstadt annuncia che domani proporrà alla Conferenza dei Presidenti la corsia preferenziale per il dibattito sulle nuove regole. Anche Gianni Pittella, presidente degli eurodeputati S&D, incalza Juncker: “Non è un presidente dimezzato. Tuttavia la nostra fiducia nei suoi confronti non è assegno in bianco, ma legata all’impegno assunto dalla Commissione rispetto alla priorità di avanzare in tempi brevi proposte”.

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Warsamé Dini Casali