Medicina senza numero chiuso? Un anno a Tirana e torni in Italia, in corso

TIRANA – Iscriversi a Medicina senza porsi il problema del test d’ingresso, senza numero chiuso? Si può, ed è assolutamente legale. Certo, servono un po’ di soldi e il trasferimento per almeno un anno nella capitale albanese. Basta, insomma, iscriversi alla facoltà di Medicina dell’Università Cattolica «Nostra Signora del Buon Consiglio» di Tirana. Il costo è un po’ proibitivo, 10mila euro l’anno, ma il programma ricalca quello della Facoltà di Medicina di Roma Tor Vergata, i professori sono italiani. E, soprattutto, basta fare qualche esame e si può chiedere il trasferimento a un ateneo italiano. Con gli esami riconosciuti e senza quindi aver fatto alcun test d’ingresso. L’università in questione, infatti, ha una convenzione con la Statale di Milano, la seconda università di Roma e quella di Bari, e rilascia titoli validi nel nostro Paese.

Proprio per questo i giudici del Tar del Lazio, con recente sentenza, hanno deciso che d’ora in avanti basterà qualche esame a Tirana per chiedere il trasferimento. Una bella notizia per i 62mila aspiranti medici che il prossimo 8 aprile non riusciranno ad entrare negli 7 .918 posti disponibili secondo le direttive del Ministero dell’Università e della ricerca per l’anno accademico 2014/2015. Ma il malumore resta, soprattutto per chi in Italia si fa in quattro per passare il test d’ingresso e magari non dispone di 10mila euro l’anno per pagare l’università. Per questo nel dicembre scorso un gruppo di parlamentari di centro destra guidati alla Camera da Vincenzo Garofalo e al Senato da Vincenzo Marinello in due distinte interrogazioni al Ministro dell’Università hanno puntato l’indice sul presunto trattamento di favore riservato all’Ateneo albanese:

«Perché il riconoscimento in Italia della laurea in Medicina rilasciata dall’Università di Tirana ha una procedura semplificata? Che garanzie ha lo Stato italiano sulla formazione dei medici? Come e da chi sono pagati i docenti e quali sono gli oneri per le casse pubbliche italiane?», hanno domandato gli onorevoli.

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Elisa D'Alto