Lo Spiegel, storico settimanale tedesco, ripercorre nel numero di questa settimana uno delle più belle fughe mai riuscite attraverso la cortina di ferro. La storia in Germania è celebre, ed è stata l’oggetto di libri, di film, e un ampio soggetto di discussione.
Tutto inizia con una storia d’amore. Era il 1979 e Ingrid Ruske voleva fuggire dalla Germania dell’Est, o, come allora veniva chiamata, la Repubblica Democratica Tedesca. C’era di mezzo un uomo, tedesco dell’Ovest, innamorato di lei, e che le prometteva un futuro di libertà. Quando si ritrovavano, nei brevi viaggi che la polizia dell’Est concedeva a lui, parlavano di come sarebbe stato bello vivere insieme nel suo appartamento di Berlino Ovest.
Ingrid e il suo amante avevano deciso di sfuggire nell’Ovest. Inizialmente, passarono dalle vie legali, ma inutilmente. La polizia segreta, la celebre Stasi, rifiutò la richiesta ufficiale di espatrio della Ruske. Rimaneva una possibilità, la via illegale, la fuga; quel disperato tentativo che tanti compirono negli anni della Germania divisa e che ancora oggi ci ricordano le lapidi che, dietro la Porta di Brandeburgo, commemorano i caduti di quelle tentate evasioni.
C’era dunque un piano segreto per fuggire. Lo avevano ripetuto mille volte, lo conoscevano nei dettagli. L’amante si sarebbe procurato dei passaporti falsi nell’Ovest e si sarebbe fatto trovare nella stazione balneare di Gdansk, in Polonia. Lì, avrebbe trovato Ingrid, insieme a Tiede, un amico. Tiede voleva fuggire nell’Ovest per suo figlia, a cui voleva dare un futuro migliore, e per amore; anche lui era innamorato di qualcuno che viveva dietro il muro. Una volta che il gruppo si sarebbero ritrovato, avrebbero preso un traghetto e attraversato il confine con la Polonia, arrivando a Travemünde in Germania dell’Ovest. Il piano sembrava semplice e impeccabile, ma qualcosa andò storto. L’amante dall’Ovest non arrivò mai a Gdansk, e con lui i passaporti.
La Stasi era stata informata; un amico di Ruske aveva tradito. Immediatamente la polizia segreta aveva lanciato l’operazione “traghetto” per impedire al gruppo di lasciare illegalmente la repubblica e l’amante di Ingrid era stata catturato polacco con dei documenti falsi in un treno che si dirigeva a Gdansk.
Quando l’amante non arrivò Ingrid diventò nervosa. Provò a chiamare al telefono del suo appartamento di Berlino, ma nessuno rispondeva. Lei e Tiede sapevano di essere con le spalle al muro: senza documenti non potevano varcare la frontiera con l’Ovest ma non potevano nemmeno tornare a Berlino Est, dove la Stasi li stava senz’altro aspettando. Avevano bisogno di un piano alternativo per sfuggire in Occidente.
Ruske aveva già un biglietto di ritorno per Belino Est, e Tiede riuscì ad avere un posto sullo stesso volo. Prima di imbarcarsi comprò ad un mercato delle pulci polacco una pistola “mondial starter”, quelle che si adoperano nelle Olimpiadi per dare lo start alle batterie di corsa. Aveva un’ottantina d’anni e faceva dei rumori di ferraglia arrugginita. La sera prima della partenza, Ruske andò in una piccola chiesa di Gdansk, si inginocchiò su un banco e chiese a Dio di aiutarli. Il piano alternativo, quello della disperazione, era ormai in moto.
Il giorno seguente, alle 9.30 del mattino, Tiede agguantava l’hostess del volo polacco e premeva la canna della pisola sulla sua testa. Gridando in tedesco, polacco e inglese ordinò al pilota di dirigersi verso l’aeroporto di Tempelhof, a Berlino Ovest. Il capitano, che poteva vedere Tiede attraverso la cabina, decise di non mettere a repentaglio la vita dell’assistente di volo. Nessuno notò che la pistola che Tiede stava agitando in aria era solo un’antica pistola delle olimpiadi.
Il Tupolev polacco atterrò a Tempelhof alle 10.04 del mattino. Tiede, Ruske e la sua figlia, avevano raggiunto la loro destinazione. Quando il velivolo si fermò e la porta si aprì, Tiede vide che dei soldati americani erano lì ad attenderlo: «Benvenuto a Berlino Ovest».