Nel coro di Ratisbona abusi, droghe, punizioni corporali e terrore

Georg Ratzinger

“Schrecklich” ovvero terrore. Questa la parola utilizzata da un ex membro del coro di Ratisbona al centro degli scandali per abusi sessuali compiuti negli anni in cui la struttura era diretta da Georg Ratzinger. Che in una recente intervista nega ancora di essere stato a conoscenza degli abusi ammettendo solo qualche “schiaffone”: si è sentito però in dovere di chiedere perdono alle vittime.

Secondo il racconto di un testimone, botte e vessazioni erano la prassi corrente: non solo abusi quindi, ma anche una strategia educativa improntata a una durissima disciplina. Un regista tedesco, che ha preferito l’anonimato, racconta così al quotidiano La Stampa le regole disciplinari all’interno del delle due strutture collegate al coro, Etterzhausen e Ratisbona: “Era un incubo, le punizioni corporali erano all’ordine del giorno. Nel liceo ma anche nel coro”.

Il posto peggiore era la scuola elementare: “Il direttore era un sadico perfetto – spiega il regista – ci picchiavano sulle mani con un bastone e se provavamo a nasconderle le botte erano doppie. Poi ci picchiavano anche sul sedere nudo”. Anche il fratello del papa, ricorda il regista, ogni tanto alzava le mani contro qualche “passerotto” che steccava durante le prove. E nonostante tutto nel liceo entrava, ma il testimone non ricorda come, anche le droghe, già dai primi anni ’70.

Sugli abusi sessuali il regista racconta che chi li subiva non ne parlava e punta ancora una volta il dito contro Georg Ratzinger: “Difficile che non ne sapesse nulla”. Le esperienze dolorose di quegli anni tornano in mente all’uomo che racconta di un compagno che tentò il suicidio per disperazione e non fu più ammesso a scuola. Un altro, invece, scappò via e due anni dopo fu accusato di aver commesso un omicidio in ambienti omosessuali. Per il testimone quella di Ratisbona è stata un’esperienza traumatica: ” Ho parlato anche con uno psicologo perchè, da soli, non si riesce a elaborare quello che è successo”.

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Emiliano Condò