Roma-Feyenoord, alla vigilia gli ultras del tifo organizzato hanno messo i mostra e in atto il peggio. Le trasferte di massa (il Covid, in uno dei suoi effetti paradossalmente positivi, le aveva rese impossibili e cancellate) sono ormai regolarmente l’occasione, cercata e non fortuita, di botte, sangue, devastazioni, arresti. A Tirana, città che ospita la finale di Conference League, olandesi e italiani hanno quindi picchiato, si sono reciprocamente feriti, hanno ferito agenti di polizia, hanno impugnato bastoni e catene, hanno distrutto auto, assediato bar e locali, marciato nella e sulla città. Hanno dato e messo in atto il peggio di sé per tutta una notte. E, dopo la notte, manca al bilancio del peggio da aggiungere tutta la giornata che precede la partita e quindi il fuori e dopo stadio. Avranno tempo e modo per ampliare e replicare il peggio.
Olandesi, la violenza hooligan
Il bilancio della notte parla di 48 fermati dalla polizia albanese, di cui 36 italiani. E di nove agenti di polizia feriti, di cui uno pesantemente. Relativamente pochi i feriti tra i tifosi in trasferta: se lo sono, finché possono evitano di farsi medicare in ospedale. Non conteggiate devastazioni e danni in città. Chi è stato? Soprattutto gli olandesi, portatori ormai recidivi di un fenomeno recidivo: la violenza hooligan. In paesi a forte (forte rispetto ad esempio all’Italia o alla Spagna o alla Grecia) controllo sociale si sviluppa intorno al calcio una violenza organizzata. Violenza quasi para militare, violenza verso cose, uomini, verso tutto. Più che violenza, voglia di devastare e distruggere. Si alimenta e si innesta con l’alcol, poi parte. I Gran Bretagna (un po’ meno in Olanda) ci pensa la polizia con mano forte e pesante. In Albania la polizia è riuscita a farsi quasi assediare dalle squadracce d’assalto hooligan.
Italiani, quella battuta sulla guerra e il calcio
Gli olandesi, ma anche gli italiani. Molti di loro sono andati a Tirana con lo spirito e l’animo (qualcuno anche la mazza e la lama) della guerra. A conferma di un vecchio, consolidato, apocrifo ma puntuale dire sullo spirito e animo pubblico italico. Gli italiani? Vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno alla partita di calcio come fosse una guerra. A guardare e soppesare l’evolversi dei pubblici umori e diffuse inconsapevolezze sulla guerra scatenata dalla Russia contro l’Occidente e sovrapponendo le cronache della notte di Tirana…questa del calcio come guerra e guerra come calcio trova straziante conferma.
A Roma intanto dalle 22 niente bus. Comunque vada, rischio li sfascino
L’incapacità (o l’impossibilità?) di reale governo di pubblici eventi, l’impraticabilità delle regole minime di convivenza trovano conferma a Roma nella sera della finale della Conference. Si gioca a Tirana. Ma si è ritenuto fosse meglio, molto meglio, non far girare bus e mezzi pubblici dopo le 22 e cercare di proteggere piazze e monumenti con tentativi di recinzione. Perché? Perché se va male e si perde la partita a Tirana, possibili devastazioni, si sfascia il bus per rabbia e delusione. Se invece va bene e si vince la Coppa, possibili sfasci e devastazioni di gioia…incontenibile (!). Non è escluso, proprio per niente, che la scelta dei responsabili ordine pubblico e della autorità e servizi cittadini sia stata, più che pavida e rinunciataria, mestamente adeguata alla realtà.