È salito ad almeno 30 morti il bilancio della serie di esplosioni avvenuta sabato notte nella miniera di carbone di Raspadskaia, a Kemerovo (Siberia). Al momento dell’incidente, nella miniera c’erano 359 persone.
La protezione civile, coordinata dal governatore della regione Aman Tuleiev, non riesce a organizzare le operazioni di salvataggio a causa dei gas dispersi nei pozzi della miniera. La concentrazione del metano è alta, con grave rischio per i soccorritori. Secondo il capo della protezione di Kemerovo, Ierem Arutiunan, “é poco probabile che si possano riprendere le ricerche oggi”.
Il presidente russo Dmitri Medvedev e il premier Vladimir Putin hanno parlato per telefono con Tuleiev. Putin ha chiesto di venire costantemente aggiornato: “È chiaro che la situazione sia difficile. Direi addirittura tragica”, ha detto secondo l’agenzia Interfax. Medvedev ha incaricato il ministro della Protezione civile Serghei Shoigu di andare sul posto. Non è chiaro se i minatori e gli uomini dei soccorsi rimasti intrappolati sotto terra siano in grado di comunicare con l’esterno, ma sembra improbabile che l’elettricità possa essere usata.
Gli inquirenti hanno intanto aperto un’inchiesta per “violazione delle regole di sicurezza”, al quale dovrà rispondere la dirigenza, all’80% fatta dalla Enterprise Ldt (proprietaria della miniera) e al 20% dalla Evraz, compagnia controllata dal miliardario Roman Abramovic.
Gli incidenti nelle miniere russe sono purtroppo frequenti: una esplosione il 23 dicembre 2009 in una miniera di ferro negli Urali aveva provocato la morte di nove operai; il 12 dicembre 2008, dodici minatori erano morti nello scoppio di un pozzo in Siberia; il 30 maggio di quello stesso anno, erano morti nel Kuzbas cinque minatori. Ma la tragedia più grave era avvenuta il 19 marzo del 2007, con la morte di 78 persone.