BELGRADO – E’ stato arrestato il “boia di Srebrenica” Ratko Mladic, ex capo militare dei serbi di Bosnia latitante dal ’96 e ricercato per genocidio e crimini contro l’umanità. La notizia dell’arresto di un uomo che si faceva passare per Milorad Komadic, era è stata data inizialmente da una fonte del ministero degli Interni che ha preferito mantenere l’anonimato. Mladic è ancora in Serbia e la procedura per la sua estradizione verso il Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) è in corso e può durare fino a una settimana. Lo ha detto il viceprocuratore serbo per i crimini di guerra Bruno Vekaric, smentendo una notizia della tv secondo cui Mladic era già in viaggio verso l’Aja.
“L’uomo è simile a Mladic fisicamente”, aveva detto la fonte, annunciando di essere in attesa dell’esito del test del Dna. Che l’uomo fosse sotto falsa identità e che si trattasse del “boia di Srebrenica” è stato poi confermato da un amico di famiglia, che ha aggiunto: “Mladic si trova nel quartier generale del Bia (i servizi segreti con sede a Belgrado) ed è stato preso in Serbia”. Anche la tv di Stato Rts ha confermato che l’uomo fermato oggi è Mladic, citando fonti serbe.
Ratko Mladic è passato alla storia come il boia di Srebrenica. Ufficiale dell’esercito serbo-bosniaco, uomo duro e spietato, non si fermo’ di fronte a vittime inermi. Fu lui a guidare i reparti d’attacco a Srebrenica. La sua vita è segnata dalla violenza. Aveva appena due anni quando il padre viene ucciso dagli ustascia croati, alleati dei nazifascisti. La morte del padre lo segnera’ per sempre e per tutta la vita odiera’ sia i croati che i musulmani.
Quando esplode la guerra con la Croazia nel 1991, Mladic con il grado di colonnello assume il comando delle unita’ dell’esercito federale jugoslavo a Knin, che diventera’ di li’ a poco la capitale dei secessionisti serbi di Croazia. Di quel periodo si ricordano i pesanti bombardamenti che Mladic ordino’ su Zara dalla montagna che sovrasta la citta’, tattica che verra’ ‘perfezionata’ con gli assedi di Sarajevo, Gorazde, Bihac, Srebrenica nella successiva guerra in Bosnia. Mladic diventa il comandante dell’esercito dell’autoproclamata Repubblica Serba di Bosnia. In sei mesi di guerra, Mladic conquista il 70% del territorio della Bosnia, avendo a disposizione la potenza militare dell’Armata popolare jugoslava (Jna) contro bosniaci e croati disarmati e inesperti. I suoi uomini attuano una brutale pulizia etnica (due milioni e mezzo di persone cacciate dalle loro terre e dalle loro case) in nome della Grande Serbia.
Con lui tornano in Europa i campi di concentramento nei quali migliaia di prigionieri vengono picchiati, torturati, affamati e uccisi. I suoi uomini praticano lo stupro etnico come arma di guerra. Contro Mladic, cosi’ come contro l’ex presidente Radovan Karadzic, il Tribunale penale delle Nazioni unite (Tpi) formalizza, nel luglio e nel novembre 1995, due atti di accusa per genocidio e crimini contro l’umanita’. Nel 1996, il Tpi emette contro i due un mandato di cattura internazionale. Nel novembre dello stesso anno, Mladic viene destituito dal comando dell’esercito serbo bosniaco ma continua a vivere tranquillamente tra Bosnia e Serbia, protetto dall’esercito dei suoi ex subordinati bosniaci e da quell’esercito jugoslavo di cui ha sempre fatto parte. Protezioni che dureranno anche dopo la caduta del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, nell’ottobre 2000, almeno fino a tutto il 2001.
Dal 2002, deve iniziare a nascondersi con maggiore prudenza, ma puo’ sempre contare su una rete di appoggio clandestina di militari, ex militari e civili nazionalisti. Tra le vittime della guerra in Bosnia vi e’ stata anche l’unica figlia di Mladic, Ana, che a 23 anni, nel 1994, si e’ suicidata a Belgrado. Secondo alcuni per quello che il padre stava facendo in Bosnia, secondo altri per la morte del suo fidanzato che Mladic, per allontanarlo da lei, aveva mandato al fronte. Mladic, 69 anni, era uno dei due ultimi criminali di guerra serbi ancora latitanti e richiesti dal Tribunale penale internazionale dell’Aja. L’altro e’ Goran Hadzic, ex capo politico dei serbi di Croazia. Ma la latitanza del boia di Srebrenica è terminata.
(Foto AP/LaPresse)