Violenti scontri fra polizia e estremisti ultranazionalisti omofobi hanno accompagnato il Gay Pride di ieri 10 ottobre a Belgrado, dove poco più di un migliaio di omosessuali hanno manifestato in una città spettrale e con l’intero centro svuotato e presidiato da oltre cinquemila poliziotti in assetto antisommossa.
Alla vigilia, l’Osce, la Ue e Amnesty International avevano detto che lo svolgimento del Gay Pride sarebbe stato un test della maturità democratica e del grado di tolleranza sociale della Serbia, impegnata a dimostrare di essere idonea a entrare nell’Unione europea. Evidentemente il paese balcanico, con una popolazione in larga parte conservatrice e ben poco tollerante, ha ancora parecchia strada da percorrere prima di adeguarsi agli standard europei in fatto di libertà democratiche e rispetto delle diversità.
Nel primo raduno di gay e lesbiche nella capitale serba dopo quello del 2001, sfociato anch’esso in scontri con la polizia – lo scorso anno il Gay Pride era stato annullato all’ultimo momento per le minacce degli estremisti – alcune migliaia di hooligan violenti hanno a più riprese cercato di forzare i massicci cordoni di agenti per impedire lo svolgimento del raduno omosessuale. È stato un vero e proprio assedio alle forze dell’ordine,con l’intera giornata segnata da episodi di guerriglia urbana.
Ai sassi, alle bottiglie, alle molotov e agli altri oggetti lanciati dai teppisti, la polizia ha riposto caricando duramente e facendo uso di gas lacrimogeni. L’ultimo bilancio fornito nel tardo pomeriggio dal ministero dell’interno ha dato conto di 141 feriti, dei quali 124 poliziotti e 17 manifestanti, fra cui un cittadino svizzero.
Tre dei feriti, due manifestanti e un agente, sono in condizioni gravi. I fermati sono stati 207, cento dei quali poi tratti in arresto. Sono state date alle fiamme auto e cassonetti della spazzatura, seriamente danneggiate undici veicoli della polizia e tre automezzi dei pompieri, un filobus del trasporto urbano, senza nessuno a bordo è stato messo in moto in una strada in discesa, dove si è schiantato contro un palo della luce.
Distrutte fermate di bus, divelti segnali stradali, infrante vetrine e saccheggiati negozi in centro. I violenti hanno dato inoltre l’assalto con sassi e molotov alle sedi del Partito democratico (del presidente Boris Tadic) e del Partito socialista (del ministro dell’interno Ivica Dacic), e nell’occasione sono stati uditi anche colpi di arma da fuoco.
Tadic e il governo avevano dato il pieno appoggio al Gay Pride di oggi, schierandosi a favore della libera espressione delle diversità. Il presidente e il governo hanno duramente condannato le violenze, promettendo la mano dura contro i responsabili. Un principio d’incendio nell’edificio del Partito democratico è stato prontamente domato dall’intervento dei pompieri. Un paio di facinorosi, arrampicandosi sulle impalcature che ingabbiano il Parlamento in restauro, sono riusciti a penetrare nell’edificio dell’Assemblea, ma sono stati subito arrestati.
Il corteo degli omosessuali, aperto da uno striscione con la scritta ‘Mozemo Zajedno’ (Insieme possiamo), ha percorso per circa un’ora e lontano dagli scontri le strade intorno al parco del Maneggio, dove era in programma il raduno e dove successivamente si è svolto un concerto. In segno di appoggio e solidarietà al movimento gay erano presenti il ministro serbo per le minoranze Svetozar Ciplic, i rappresentanti in Serbia di Ue e Osce, Vincent Degert e Dimitri Kipreos, l’ambasciatore Usa a Belgrado, Mary Warlick.
Gli scontri sono avvenuti a due giorni dall’arrivo a Belgrado del segretario di Stato americano, Hillary Clinton, che intende sottolineare l’appoggio degli Usa all’integrazione europea della Serbia. Ecco le immagini di quanto accaduto: