In spagnolo si chiama “muerte digna” e per la prima volta è diventata legge nella regione della Andalusia, il cui dipartimento l’ha approvata. Sono 33 articoli che disciplinano i diritti dei pazienti nell’ultima parte della loro vita e i doveri dei medici che li curano negli ospedali pubblici e privati.
La legge regola i limiti dello sforzo terapeutico, proibisce il suo accanimento e permette ai malati di rifiutare un trattamento che prolunghi artificialmente la vita. La nuova legge, la prima in tutta la Spagna ad essere approvata, offre anche copertura alla “sedacion palliativa”, cioè alla somministrazione di farmaci calmanti che limitino il dolore e possono condurre a un accorciamento della vita.
Il caso che ha innescato la legge andalusa, richiamabile alla vicenda di Eluana in Italia, è stato quello di Immacolata Echevarria che nel 2007, dopo dodici anni di vita artificiale, spirò in una struttura pubblica dove fu autorizzato lo stacco della spina dalla respirazione automatica. La donna malata di distrofia muscolare era completamente paralizzata ed era stata assistita in strutture private e religiose.
Un articolo fondamentale della nuova legge impone ai medici e al personale infermieristico di malati terminali di rispettare le decisioni dei pazienti senza imporre decisioni ed opinioni personali, morali, fisiologiche e religiose.