Doveva essere un’opera d’arte e invece è diventato un imbarazzo diplomatico il tappeto esposto all’ingresso del palazzo dell’Unione Europea. Un’opera d’arte di 203 metri quadrati di tessuto spianati nell’ingresso del palazzo Justus Lipsius, dove si riuniscono ogni pochi mesi i 27 capi di Stato e di governo. A volerlo è stato il governo ungherese, da pochi giorni e fino al prossimo 30 giugno presidente di turno della Ue (mentre Van Rompuy ne è il presidente stabile): e imperniando i ricami dell’opera artigianale, firmata dall’artista Livia Papai, su quel 1848 e sul profilo successivo dell’impero austroungarico nato nel 1867, ma anche sugli eroi più antichi della storia nazionale magiara, ha come invertito le marce nella macchina del tempo.
Come scrive Luigi Offreddu per il Corriere della Sera, ad alcuni degli Stati europei oggi indipendenti non sarebbe piaciuto rivedersi disegnati come vassalli di Vienna o di San Pietroburgo e inoltre avrebbero criticato lo spirito nazionalista a cui sembrerebbe improntata l’opera: che parte da Sigismondo, re trecentesco d’Ungheria, per approdare a Làszlo Birò, ungherese inventore nel 1943 della penna a biro e poi morto quasi in miseria a Buenos Aires (i ricami mostrano anche vari tipi e profili della sua invenzione). Il Financial Times, probabilmente aiutato dal tradizionale euroscetticismo britannico, ha dedicato al tappeto una foto in prima pagina, e ha citato i rappresentanti slovacchi secondo i quali “la mappa d’Ungheria non appartiene a questo Palazzo dove i leader europei decidono il futuro dell’Unione”.
Sia come sia, con i suoi ricami l’opera “di storia culturale”, come l’ha definita il governo ungherese, cattura davvero l’occhio di chi entra nel Palazzo. Fra le trame colorate, c’è un po’ di tutto: si va dal cavaliere pannonico che tira per un corno un tremebondo diavolo, a mappe che mostrano “l’Ungaria, la Malachia Magna e la Puzta” ad alfabeti runici e versetti arabi, a coccarde rivoluzionarie magiare, a sfilate di carrozze e soldati. Molti visitatori, ieri, si fermavano a fotografare. Chi ha più memorie del Justus Lipsius non si è però stupito più di tanto.
Già altre volte, questa o quella presidenza di turno ha scelto “opere artistiche” controverse per farsi ricordare. Una su tutte, la presidenza ceca: neppure due anni fa, espose una tal “Entropa”, cioè una “scultura satirica d’Europa” che ritraeva la Bulgaria come un mega gabinetto alla turca, la Romania come un luna-park dominato da Dracula, la Germania come un Paese attraversato da un’autostrada a forma di svastica, l’Olanda come una terra coperta di minareti, la Lituania come la culla di 4 bambinetti che facevano pipì sulla vicina Russia. Non mancava l’Italia: un campo di calcio popolato di calciatori-satiri in calzoncini che si agitavano e si mostravano ben determinati, per dirla con i buoni parroci di una volta, a “commettere atti impuri” .