Testa di Enrico IV: nuove analisi del Dna dicono che è un falso

PARIGI – Doveva essere sepolta nella necropoli della basilica di Saint-Denis, vicino a Parigi, dove riposano i reali di Francia. Ma la reliquia che dal 2010 era considerata l’originale testa mummificata del re Enrico IV, come sembravano accertare alcuni studiosi francesi, in realtà potrebbe non essere autentica. Nuovi test del DNA portati avanti da un genetista belga contestano infatti questa tesi.

La controinchiesta del professor Jean-Jacques Cassiman è pubblicata nella rivista European Journal of Human Genetics. La conclusione è chiara: il famoso cranio potrebbe non essere quello di Enrico IV, il re che abiurò il protestantesimo per salire al trono e fu ucciso a Parigi, il 14 maggio del 1610, dal fanatico cattolico Ravaillac. Cassiman e il suo team dell’Università di Lovanio, nelle Fiandre, hanno effettuato nuovi test genetici su tre discendenti della famiglia Borbone (di cui due francesi). E’ risultato che i tre cugini presentano lo stesso profilo di DNA ma che questo non corrisponde a quello prelevato sulla presunta testa del sovrano. Non c’è corrispondenza neanche con il DNA prelevato da un campione di sangue che dovrebbe appartenere ad un altro re di Francia, Luigi XVI.

Eppure nel 2010 gli scienziati francesi erano sicuri di aver autenticato nell’entusiasmo generale l’ormai celebre testa, ritrovata nel 2008. Due anni di studi portati avanti dal team del professor Philippe Charlier, medico legale di Garches, avevano permesso di individuare sulla reliquia “segni distintivi inequivocabili” in grado di accertare che si trattava proprio della testa del sovrano, andata persa nel 1793, quando il sarcofago dove riposavano le spoglie del re fu aperto dai rivoluzionari e il corpo fu gettato in una fossa comune. Il DNA prelevato all’epoca corrispondeva a quello attribuito a Luigi XVI, trovato su un fazzoletto che sarebbe stato bagnato nel sangue del re ghigliottinato. Il caso della testa mummificata di Enrico IV – che nel frattempo continuerà ad essere conservata nella cassaforte di una banca – resta dunque aperto.

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Alessandro Avico