“Legittimo” il divieto del 41 bis di ricevere libri e giornali. Lo ha deciso la Corte Costituzionale, secondo la quale è corretta la norma che consente al Dap di vietare ai detenuti sottoposti al 41 bis di ricevere libri e riviste. Con la sentenza di oggi, mercoledì 8 febbraio, la Corte ha dichiarato “non fondata” la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e lett. c), della legge 26 luglio 1975, n. 354.
L’articolo – si legge in un comunicato della Consulta – consente in particolare all’amministrazione penitenziaria, in base a circolari ministeriali del Dap “di adottare, tra le misure di elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di appartenenza, il divieto di ricevere dall’esterno e di spedire all’esterno libri e riviste a stampa”.
La questione era arrivata all’attenzione della Consulta attraverso un magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che aveva raccolto l’appello di un detenuto in regime di 41 bis a Terni. I giudici costituzionali hanno esaminato oggi il ricorso, relatore il giudice Franco Modugno, avvocato dello Stato Maurizio Greco, e dichiarato “non fondata” la questione.
Sono circa 750 i detenuti in regime di 41 bis in Italia. Il cosiddetto carcere duro, introdotto dopo le stragi di mafia dell’estate 1992, nelle quali persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, prevede la sospensione di alcuni diritti per i detenuti che abbiano commesso reati particolarmente gravi, come l’associazione mafiosa o il sequestro di persona. Tra questi il divieto di ricevere libri e riviste dall’esterno, norma su cui oggi si è espressa la Corte Costituzionale che ha giudicato “non fondata” la questione di legittimità sollevata da un magistrato di sorveglianza di Spoleto.
L’obiettivo conclamato del 41 bis nell’ordinamento penitenziario era ed è quello di “spezzare il filo tra i boss e le cosche mafiose”, soprattutto impedire che gli ordini o i messaggi dei detenuti arrivino all’esterno.
Tra le restrizioni più gravose appunto i rapporti dei carcerati con l’esterno: dunque gli incontri con i familiari, le telefonate e i rapporti con gli altri detenuti. I colloqui per i detenuti al 41 bis con i familiari sono ridotti al minimo, per frequenza (di solito si svolge un solo incontro al mese, contro la media di uno a settimana degli altri detenuti), per durata (di solito non si va oltre la mezz’ora) e per le cautele che ogni volta vengono adottate: vetri divisori blindati, uso obbligatorio di telefoni interni, telecamere di controllo.
Solamente nei confronti di figli al di sotto dei 12 anni sono ammessi incontri che permettano lo scambio fisico, ma di solito per un numero assai limitato di minuti. Altre restrizioni riguardano il vitto: ai detenuti del 41 bis è proibito cucinare in cella, facoltà ammesse invece per tutti gli altri carcerati.