
Non sarĂ un anniversario solo di fiori e retorica strappalacrime, ci sarĂ anche polemica all’Aquila, in Abruzzo, dove un anno fa un terremoto distrusse parte della cittĂ e molti dei paesi intorno, con centinaia di morti e feriti e miglisaia di senza setto.
La polemica non è una novitĂ , va avanti da mesi. Tutto è a posto per Guido Bertolaso, capo della protezione civile, sotto inchiesta della magistratura per una serie di scandalose vicende che hanno toccato il suo dipartimento, portato in carcere alcuni funzionari e fatto rizzare i capelli in testa a quegli italiani che hanno letto l’ intecettazione della telefonata di un imprenditore amico del giro di Bertolaso,  coinvolto nello scandalo, intercettazione fatta proprio il giorno del terremoto: Ă²a sciagura lo metteva di buon uomire, lo faceva ridere, pensando agli appalti che sarebbero, come sono, puntualmente arrivati.
Sfoderando un’arroganza incredibile in uno che si definisce al servizio degli italiani, Bertolaso replica spazientito a ogni critica: “A L’Aquila la risposta è stata senza precedenti nella storia del nostro Paese, che è pieno di tragedie ricordate per l’inefficienza dei soccorsi. Stavolta abbiamo dimostrato una grande capacitĂ di far funzionare tutto il sistema”.
Bertolaso dimentica, forse perchĂ© all’epoca studiava ancora e non leggeva i giornali, il terremoto del Friuli, una tragedia ancor piĂ¹ grande di quella abruzzese. Dalla ricostruzione il Friuli, una delle regioni piĂ¹ povere d’Italia, uscì trasformato e diventĂ² il motore di sviluppo economico che oggi è. All’epoca a capo della protezione civile c’era il suo padre fondatore, Giuseppe Zamberletti, un serio politico democristiano che è uscito di scena con grande umiltĂ , senza fanfare nĂ© fanfaronate.
Invece ora Bertolaso dĂ prova della sua abilitĂ di passare sotto un acquazzone scivolando tra goccia e goccia. Ha preso le distanze da Angelo Balducci, suo braccio destro ora in galera, con piĂ¹ rapiditĂ di quanto fece San Pietro la notte in cui GesĂ¹ Cristo fu arrestato (paragone d’obbligo sotto le feste pasquali) e ora fa lo stesso con la ricostruzione: ho fatto la mia parte, ho fatto tutto alla perfezione, che volete mo’ brutti abruzzesi miserabili e ingrati? Riporta il Corriere della Sera che Bertolaso dice, evidentemente stizzito: “L’Aquila deve essere ricostruita dagli aquilani. Lo Stato c’è e ci sarĂ anche in futuro, ma sono loro che devono accelerare». Tiratevi su i calzoni, rimboccatevi le maniche, marrani.
Gli aquilani non sono d’accordo e parla per tutti il loro sindaco, Massimo Cialente: “Siamo ancora in piena emergenza: la struttura per la gestione dell’emergenza della protezione civile assiste ancora 52.500 aquilani, mancano case per 1.500 nuclei familiari» e poi «il fallimento totale è sulla questione del rilancio economico e produttivo».
Gli fa eco Giusi Pitari, che insegna chimica all’UniversitĂ dell’Aquila e guida il movimento di protesta su modi e tempi della ricostruzione, il movimento delle carriole. Intervistata da Lorenzo Salvia per il Corriere della Sera ha detto: “Da un anno Bertolaso va dicendo queste cose. La verità è che l’Aquila è una cittĂ morta e forse non tornerĂ mai a vivere. Ma non si puĂ² dire, altrimenti vieni considerato un eversore».
Aggiunge: “La ricostruzione non c’è. Hanno deciso di abbandonare al suo destino il nostro centro storico, il terzo d’Italia con 160 ettari. E di creare dei villaggi anonimi senza negozi, senza servizi, senza vita. Pure per comprare il sale bisogna prendere la macchina. E i nostri vecchi vivono come reclusi”.
Da quel che dice la prof. Pitari, tutto si è svolto all’insegna del “non disturbate il manovratore”, cioè l’autista Bertolaso e il bigliettaio Berlusconi, mentre i leader nazionali della sinistra si sono girati dall’altra parte, lasciando soli e senza copertura i locali. Stefania Pezzopane ha pagato con la sconfitta elettorale perdendo il posto di presidente della Provincia. Solo a tenere la bandiera degli aquilani è rimasto il sindaco Cialente. Dice ora Pitari: “Ho visto le foto di Pierluigi Bersani, il segretario del Pd, che da ragazzo andava a spalare il fango dopo l’alluvione di Firenze. Per caritĂ L’Aquila non è Firenze. Ma la sinistra dove è stata tutto questo tempo?”. Stendiamo un velo pietoso sulle scampagnate della Cgil a fare il verso all’ineguagliabile Berlusconi, invece di controllare l’operato dello stesso Berlusconi e dei suoi scudieri.Â
Così è accaduto quel che ora Pitari lucidamente analizza: “Per gli appartamenti del progetto Case hanno speso un miliardo di euro. Sarebbero andati benissimo i moduli provvisori, che costano la metĂ . I soldi avanzati si potevano usare per ricostruire la cittĂ . Vivo in un appartamento del progetto Case. Sessanta metri quadrati in quattro. Non mi lamento, anche se usiamo un camper come ripostiglio. Ma per quanti anni staremo ancora qui? Forse con i moduli provvisori adesso staremmo ancora peggio. Ma era meglio fare qualche sacrificio in piĂ¹ all’inizio per cominciare subito a ricostruire. Ora sotto le nuove case vogliono fare il marciapiede. E chissenefrega del marciapiede se il centro muore. Il guaio è che siamo abruzzesi”.
Il guaio lo si poteva vedere la sera stessa del terremoto, quando Berlusconi andĂ² in diretta solo audio a Porta a Porta, lasciando a una gigantografia del suo volto sorridente degna di Kim Jong Il il compito di ricordarci come è il suo volto ritoccato. Era una grande occasione politica, per dimostrare agli italiani le capacitĂ del “Governo Del Fare” e Lui non voleva perderla, riuscendoci in larga misura. Ma forse proprio per un probklema di natura squisitamente politica oggi siamo in queste condizioni: la politica è fatta anche con l’assegnazione degli appalti e sarebbe interessante conoscere a chi sono andati tutti quei soldi, a parte gli intimi amici di Balducci & C.
Ma gli strapoteri della Protezione Civile, che superano qualsiasi legalitĂ democratica e civile, stendono la cortina del segreto di stato, comne se invece dell’Aquila si trattasse di Los Alamos (dove Enrico Fermi, in mezzo al deserto del New Mexico, costruì la prima bomba atomica).
