AZZANO DECIMO – Ajahn Veapi, il macedone che reclutava per conto dell’Isis in Veneto, aveva il sussidio regionale in Friuli Venezia Giulia. “Turbamento per le notizie apprese ma grande fiducia nell’opera di prevenzione messa in atto dalle Forze dell’ordine”, viene espressa oggi dall’assessore alle Politiche sociali del FVG, Maria Sandra Telesca, in relazione alla vicenda del fermo a Mestre del cittadino macedone Ajahn Veapi, residente ad Azzano Decimo (paesino in provincia di Pordenone), con l’accusa di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale.
Il macedone era beneficiario del fondo di solidarietà regionale; Telesca precisa in una nota che “tale misura, posta in essere dalla Giunta precedente, veniva erogata dai servizi sociali dei Comuni sulla base di criteri generali definiti a livello regionale, ma con possibilità di introdurre alcune variabili. Ha così assunto caratteristiche diverse tra i vari territori. Non era previsto alcun patto con il beneficiario e l’intera gestione era a carico dei servizi sociali. Oggi questa misura è confluita nella misura attiva di sostegno al reddito, che ha regole più rigide e uniformi in tutta la regione. Il sostegno è molto più mirato e l’erogazione soggetta a verifiche più puntuali, ma – conclude – non certo fino a sostituire l’attività delle Forze dell’ordine”.
Aggiunge Enri Lisetto sul Messaggero Veneto:
Nato in Germania, il procuratore aggiunto di Venezia Adelchi D’Ippolito lo ha definito «uno dei reclutatori Isis tra i più attivi». Non era una «cellula dormiente», ha puntualizzato il comandante generale dei Ros, Giuseppe Governale.
Da quando era stato indagato, aveva lasciato più volte l’Italia: almeno quattro per tornare in Germania, dove vive una sorella e parte della sua famiglia d’origine, tre volte in Macedonia. Ed era sempre rientrato, in Friuli.
L’indagine ha consentito di documentare la partenza dall’Italia verso la Siria di tre foreign fighters: si tratta di macedoni e bosniaci, due dei quali sarebbero stati uccisi combattendo tra il 2013 e il 2014.
Il terzo si troverebbe ancora nelle zone di guerra. Ajhan Veapi stava per lasciare l’Italia, ieri: doveva partire per la Serbia, per trasferirsi poi in Germania.
I carabinieri a suo tempo gli sequestrarono un pc e due tablet: «I file sono di preghiere e testi del Corano – si era difeso –. L’unica colpa è stata quella di spedire una mail all’imam Bosnic: volevo salutarlo e poi parlargli di religione. Non mi ha mai risposto».
Il macedone abita da una decina d’anni, con seconda moglie connazionale (la prima era italiana) e un figlio, a Tiezzo, in via IV novembre, in una palazzina bianca a tre piani, sopra l’osteria Al Ponte. «È una notizia che ha stupito tutta la comunità – dice il sindaco Marco Putto – e che non era pensabile. Insospettabile anche questa ipotizzata rete di collegamenti che, secondo gli investigatori, sarebbe stata scoperta».
Lunga e folta barba nera, sino a due anni fa Veapi lavorava come muratore alla Bertolo di Fiume Veneto, poi era stato posto in cassa integrazione e quindi licenziato. In virtù dell’assenza di reddito, aveva percepito il “fondo di solidarietà” erogato dalla Regione a coloro che si trovano in difficoltà e hanno un reddito minimo. Tali erogazioni, da tempo erano monitorate dai carabinieri.
«Nel primo periodo era tranquillo e disponibile – ricordava di lui un ex collega -, poi aveva cominciato ad avanzare richieste di tipo religioso: riteneva di potere stare a casa in occasione delle festività della sua religione. Se vedeva un musulmano bere vino o mangiare maiale, andava su tutte le furie e li rimproverava».