STRASBURGO – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per l’uccisione da parte di un poliziotto di Julian Alikaj, un diciannovenne di origini albanesi, avvenuta nel dicembre 1997 sull’autostrada tra Milano e Bergamo.
Nella sentenza – che diverrà definitiva tra 3 mesi, se le parti non chiederanno una revisione del caso davanti alla Grande Camera – si sostiene come Agatino Russo, l’agente che ha aperto il fuoco contro il ragazzo, abbia fatto un uso eccessivo della forza. Mentre le autorità italiane non avrebbero condotto un’inchiesta effettiva sulla morte del giovane.
A presentare ricorso presso la Corte di Strasburgo erano stati i genitori e le sorelle di Julian, a cui lo Stato italiano, in virtù della sentenza emessa martedì 29 marzo, dovrà versare 155 mila euro per danni morali, materiali e spese processuali. I fatti risalgono alla notte tra il 2 e il 3 dicembre 1997. Julian Alikaj era in macchina con alcuni amici quando, a causa dell’alta velocità, viene inseguito e fermato da una pattuglia della polizia sull’autostrada A4. I ragazzi scendono dalla vettura, che risulterà poi rubata, e cominciano a correre per i campi che costeggiano l’autostrada. Vengono inseguiti da Agatino Russo dalla cui arma parte un colpo che uccide, colpendolo al cuore, Julian.
L’agente si e’ sempre difeso sostenendo di essere inciampato, provocando accidentalmente lo sparo che colpi’ il giovane. La Corte di Assise di Bergamo lo ha infatti prosciolto nel 2006 derubricando il reato da omicidio volontario a omicidio colposo.
In particolare – secondo quanto emerge dalla lettura della sentenza – per la la Corte il poliziotto avrebbe fatto un uso eccessivo della forza in quanto, non sapendo che il giovane fosse alla guida di un’auto rubata, rincorse al buio con un’arma carica in pugno persone non armate e che non costituivano alcun pericolo imminente.
Per quanto attiene invece all’inchiesta, la Corte di Strasburgo ha espresso seri dubbi, in quanto i primi accertamenti sul luogo del decesso del giovane furono condotti da colleghi del poliziotto che sparò. I giudici hanno inoltre definito ”inaccettabile” il ricorso alla prescrizione dei termini in casi come questo. Infatti, la decisione presa dalla Corte d’Assise del tribunale di Bergamo di pronunciare un non luogo a procedere per prescrizione dei termini, si legge nella sentenza, ha impedito la condanna del poliziotto, che inoltre non è mai stato oggetto di alcuna sanzione disciplinare.