MOSTAR (BOSNIA) – Dopo che le sue foto di Facebook, con tanto di tre dita in bella mostra e imbarazzo per il “saluto cetnico”, sono finite sui giornali, il magistrato Alberto Landolfi decide di raccontare al Fattoquotidiano la sua versione.
“Il nazionalismo non c’entra niente, è un segno che fanno tutti in Serbia”, dice difendendosi dalle accuse di essere stato inopportuno, visto che è in missione in Bosnia, a Mostar, terra che ha subito i massacri serbi.
Poi spiega: “Le immagini erano sulla mia bacheca privata. Potevano vederle soltanto i miei amici”, e ancora ribatte: “Le tre dita non sono il saluto cetnico, ma serbo. Il nazionalismo non c’entra niente. È come fare il segno della “V” in Gran Bretagna”.
Il Fattoquotidiano gli fa notare che Quel gesto viene chiamato saluto serbo o cetnico. Ha accompagnato i massacri serbi della guerra jugoslava. Così i nazionalisti inneggiavano a Mladic e Karadzic. Era il saluto dei seguaci della “Tigre Arkan”. E degli ultras che hanno messo a ferro e fuoco Genova durante la partita Italia-Serbia.
Landolfi replica: “Le assicuro, quello non è un gesto nazionalista, ma un segno che fanno tutti in Serbia. L’ho fatto per scherzo, a una mia amica che scattava la foto”.
Secondo il giornalista Ferruccio Sansa ci sarebbero anche gli scatti delle sue serate in discoteca” insieme con carabinieri, finanzieri, politici vicini a Claudio Scajola e tante belle ragazze dell’Est (“ragazze immagine” del locale) comparivano nella pubblicità di uno champagne)”.
Il giudice risponde: “E quali foto dovrebbe mostrare un magistrato, soltanto quelle dell’Azione Cattolica, di una chiesa?”