ROMA – La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la norma che annulla le nozze se uno dei due coniugi cambia sesso nella parte in cui non consente
“ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata”.
Alla base il caso di una coppia di Bologna. Alessandra Bernaroli qualche anno fa si chiamava Alessandro. Poi l’operazione, il cambio di sesso, un passaggio per lei diventato ineludibile e che il Tribunale di Bologna ha riconosciuto nel 2009 ma che ha automaticamente annullato il suo matrimonio, con una sorta di divorzio imposto ex lege. Da allora la coppia si è battuta dinanzi ad ogni corte per vedere riconosciuto il proprio diritto a rimanere sposati.
In sostanza – afferma la Corte Costituzionale nella sentenza depositata la sera dell’11 giugno- la legge n. 164 nel 1982, contenente norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, è incostituzionale perché, sciolto il matrimonio in conseguenza del cambiamento di sesso, non prevede la possibilità che intervenga un’altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta
“che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore”.
Il pronunciamento, quindi, va letto come un forte invito al legislatore a provvedere nella direzione delle unioni civili o dei pacs per regolare forme di convivenza al di fuori del matrimonio. Il legislatore deve introdurre “con la massima sollecitudine”,
“una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tal piano, di assoluta indeterminatezza”.
Alessandra Bernaroli (foto Ansa)