“Guardie infami, picchiare una rumena che reato รจ?”. Una frase come questa concentra l’orrore che dobbiamo provare nel guardare ai giovani di oggi, ai ragazzi che saranno il futuro di domani, un futuro in cui i carabinieri che arrestano un assassino sono “infami” e in cui la vita di una donna che muore ha valore solo in funzione della sua origine. La stampa rumena รจ rimasta scioccata da quanto accaduto alla connazionale Maricica Hahaianu, una rumena ma prima di tutto una donna, che ha perso la vita per un futile litigio nella metro Anagnina di Roma.
I giornali rumeni titolano “Applaudito il criminale” o ancora “Applaudito perchรฉ ha ucciso. Lโaggressore della romena ammazzata a Roma sostenuto da decine di italiani”. Gli italiani all’estero non hanno buona fama, sono dipinti con lo stereotipo “pizza, mafia e mandolino”, una descrizione che brucia, che indigna perchรฉ in Italia non tutti sono mafiosi, non tutti sono cattivi. Allo stesso tempo perรฒ l’italiano che si indigna davanti allo stereotipo รจ lo stesso che non parla di donna uccisa, ma di rumena.
L’estensione dello stereotipo collettivo al singolo รจ una tendenza pericolosa, ma tristemente comune, e divaga nella nostra quotidianitร , dove l’origine conta piรน di ciรฒ che siamo, ovvero esseri umani. Non รจ dunque reato uccidere, ma รจ reato essere stranieri in una terra diversa da quella in cui siamo nati, รจ reato avere usi e costumi diversi, รจ reato essere un attaccabrighe, ma non lo รจ picchiare e uccidere.
In una realtร sociale dove l’assassino รจ santificato dagli amici c’รจ da domandarsi come avrebbero reagito quegli amici,ย la “banda” di Alessio Burtone, l’aggressore, l’assassino italiano che ha tolto la vita ad una donna, se al contrario fosse stato un uomo rumeno ad aggredire e involontariamente ad uccidere una loro amica italiana. Avrebbero chiesto l’ergastolo, avrebbero parlato di pena di morte, avrebbero aspramente condannato?
Avrebbero invocato forse la libertร dell’aggressore se la donna uccisa fosse stata una “attaccabrighe” italiana, come anche gli italiani sanno essere, e l’omicida un rumeno? Avrebbero giustificando quel gesto violento e vergognoso, nascondendosi dietro ad affermazioni come “per un ragazzo che ha fatto uno sbaglio mandano tanti carabinieri, manco fosse un mafioso”.
Un confronto รจ facile, basta ricordare l’omicidio di Giovanna Reggiani, uccisa durante una rapina da Nicolae Romulus Mailat: un rumeno che ubriaco e in preda all’ira ha “involontariamente” (gli atti del processo parlano di preterintenzionalitร ) compiuto un atto vergognoso, ha tolto la vita ad una donna, un’italiana, e giustamente dovrร pagare il suo sbaglio con l’ergastolo.
Ma in una societร dove la vita รจ un valore e l’omicidio, che sia volontario o involontario, รจ un reato, perchรฉ la giustizia deve avere due pesi e due misure in funzione della propria nazionalitร . Perchรฉ agli occhi di quei ragazzi che applaudivano un assassino e lo difendevano la vita di una donna rumena ha meno importanza della vita di una donna italiana?
Oggi viviamo in una societร multietnica che procede verso la globalizzazione, dove la parola chiave per la costruzione di una societร civile deve essere integrazione e invece a vincere รจ un altro sentimento, รจ la discriminazione cieca e violenta del diverso, di colui che non riconosciamo come uomo, ma come estraneo, lo straniero quasi un alieno e che in quanto tale perde ogni diritto, incluso quello di vivere.
