MILANO, 4 MAR – Si sono travestiti da scoiattolo o da altri animali con pellicce finte, hanno esposto cartelli con fotografie di volpi uccise, hanno urlato 'vergogna' ai visitatori che entravano alla Fiera della Pelliccia: un gruppo di una ventina di animalisti, capitanati dalla Lav e con la presenza anche dell'ex ministro Michela Brambilla, hanno manifestato questa mattina di fronte all'ingresso del salone Mifur a Fieramilanocity.
Gli attivisti hanno anche esposto in una carriola le 50 mila firme raccolte a sostegno della proposta di legge depositata in Parlamento dalla stessa Brambilla e che, spiega l'esponente del Pdl, intende ''vietare l'allevamento, la cattura e l'uccisione di animali per produrre pelli o pellicce nel nostro Paese, nonche' l'importazione, l'esportazione e la loro commercializzazione''. Alla domanda se questa iniziativa non rischi di uccidere un settore economico, Brambilla ha risposto che ''e' un mercato che negli anni ha visto diminuire i suoi fatturati e in Italia abbiamo solo dieci allevamenti con circa 150 mila animali''.
''Io direi che e' il caso di ascoltare quello che chiedono gli italiani – ha proseguito l'ex ministro -. Non si puo' restare insensibili di fronte al grande sentimento d'amore e di rispetto per gli animali dei cittadini e bisogna guardare anche a cosa succede negli altri Paesi: in Olanda, Danimarca, Gran Bretagna e altrove hanno gia' vietato da tempo l'allevamento per la produzione di pelli e pellicce. Bellezza ed eleganza non hanno nulla a che vedere con la sofferenza degli animali''.
Secondo dati illustrati da Brambilla, ''l'approvvigionamento di pellicce avviene per l'85% attraverso gli allevamenti e per il 15% da catture in natura. Dagli allevamenti europei provengono il 60% delle pellicce commercializzate nel mondo, piu' del doppio della produzione cinese (25%). I metodi usati sono quelli industriali, che consentono di massimizzare il profitto, senza alcun rispetto per il benessere animale''. ''Fortunatamente – conclude – nel nostro Paese la filiera della pelliccia non ha mai avuto una particolare rilevanza economica e negli ultimi anni appare in costante declino e molti stilisti e molte imprese del settore dell'abbigliamento hanno gia' fatto propria questa sensibilita' e si sono orientate verso una politica fur-free''.