Vincenzo Di Nardo si è dimesso da tutte le cariche. La sua rinuncia segue di quattro giorni le dimissioni del presidente del consiglio di amministrazione della Btp (Baldassini Tognoni Pontello), Riccardo Fusi. L’impressione è quella di un effetto domino provocato dall’inchiesta sul G8, sui Grandi Eventi e sulla Scuola Marescialli e dagli arresti eseguiti il 10 febbraio dai carabinieri del Ros e dalla polizia giudiziaria. Le forze dell’ordine avevano proceduto al fermo, a seguito delle perquisizioni effettuate non soltanto nell’abitazione di Fusi, ma anche negli uffici della Btp.
L’Ingegner Di Nardo era amministratore delegato della Btp, presidente di Firenze Mobilità, presidente, amministratore o consigliere di un’altra ventina di società, vicepresidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili), con delega per i progetti speciali innovativi nel partenariato pubblico-privato. La procura di Firenze ha ipotizzato per lui, per Fusi e per il vicepresidente della Btp Roberto Bartolomei il reato di associazione a delinquere con l’aggravante di mafia. Dopo dieci giorni, mentre cresceva l’incubo di nuovi arresti, Di Nardo ha infine deciso di lasciare tutti gli incarichi.
Inconsapevolmente, l’imprenditore è stato una delle prime fonti a cui hanno attinto i pubblici ministeri della procura di Firenze, per addentrarsi nei retroscena degli appalti sui quali hanno indagato. In alcune intercettazioni in merito ad un appalto in cui la sua Btp era stata battuta, l’ingegnere aveva parlato di una probabile irregolarità e di ingerenze politiche nella scelta dell’assegnazione, ed aveva chiosato: “Questo è un appalto banditesco, gestito da una cricca di delinquenti”.
*Scuola di Giornalismo Luiss