Infiltrazioni, ruggine, lavori a metà, garage allagati, ringhiere montate al contrario. Questa la situazione degli 85 edifici antisismici consegnati agli sfollati dell’Aquila secondo un dossier del Comune pubblicato da Repubblica. «Il Progetto C.a.s.e. (Complessi antisismici ecocompatibili) doveva essere un “miracolo”, il miracolo è di quelli che cominciano a fare acqua (per altro, non per modo di dire). E a documentarlo, a neppure novanta giorni dalla definitiva consegna agli sfollati degli 85 edifici antisismici costati alle casse del Paese 803 milioni di euro, sarebbe in fondo sufficiente questo epitaffio: “Si rendono evidenti segni di deterioramento degli edifici inaccettabili”».
Secondo il quotidiano sono gli stessi tecnici del Comune dell’Aquila a mettere nero su bianco, in una relazione di 60 pagina completa di foto, le falle degli edifici «a conclusione di due mesi di certosini sopralluoghi in ogni angolo di quelle costruzioni. Piastra dopo piastra, ballatoio dopo ballatoio, garage dopo garage. Ringhiera dopo ringhiera». Nella relazione infatti si legge: «Questo ufficio ha potuto riscontrare alcune criticità. E le problematiche più evidenti riguardano perdite nelle tubazioni dei garage”.
«Alcune ditte – proseguono gli ingegneri secondo il dossier pubblicato da Repubblica – per ovviare al problema, hanno escogitato soluzioni artigianali, costruendo contenitori in acciaio e tubazioni di scolo a vista, eludendo palesemente la riparazione della causa delle perdite”. Per farla breve, gli sfollati di devono arrangiare «con “il secchio”, comunque con pezze peggiori del buco».
Oltre agli edifici che fanno acqua da tutte le parti con seri problemi strutturali, mancano le più comuni norme sulla sicurezza, come «parapetti in ferro o legno con listelli orizzontali facilmente scavalcabili dai bambini». Paradosso dei paradossi sembra anche che, scrivono i tecnici: «In un caso, la struttura in cemento armato del vano ascensore palesa carenze nella qualità del calcestruzzo».
Qualche vizio di costruzione, secondo il dossier, può essere imputabile «alla velocità di esecuzione dei lavori», ma qui non si parla di «disfunzioni» bensì di «problematiche serie da risolvere». Il problema, evidenzia l’inchiesta di Repubblica, è che non si sa bene a chi spetta la patata bollente.
«Il 31 marzo scorso – si legge sul quotidiano – la gestione degli 85 edifici è passata proprio al Comune de L’Aquila. Gli ingegneri suggeriscono che siano le ditte appaltatrici a farsi carico di riparare ciò che si è rotto. E a consegnare finalmente e non a metà ciò che gli è stato pagato per intero». Intanto però il sindaco Massimo Cialente piange miseria facendo sapere al Governo che nelle casse «sono rimasti 122 milioni di euro. Una briciola di fronte ai 400 milioni necessari per la sola “assistenza agli sfollati, i puntellamenti, l’emergenza abitativa”». E a dire che si contano ancora circa 1000 famiglie senza casa.