ROMA – Un archivio segreto con almeno 5 mila file tutti criptati. Sono i documenti di Luigi Bisignani, l’imprenditore arrestato nell’inchiesta sulla P4, la stessa che ha portato in carcere il deputato del Pdl Alfonso Papa.
Bisignani, quei documenti, li teneva in rete, su due caselle di posta elettronica registrate all’estero che ora Google ha congelato in attesa che si sblocchi la rogatoria con cui gli investigatori hanno chiesto di accedere ai file.
Scrive sul Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini che Bisignani sarebbe entrato in possesso di molti di quei documenti con un vero e proprio sistema di spionaggio. Il sospetto degli investigatori, ma i legali di Bisignani negano, è che i dati rubati venissero quindi usati per una vera e propria attività di dossieraggio per orientare appalti e nomine.
Sui documenti spiega la Sarzanini: “Un sistema di mail spia che riusciva a intercettare il contenuto del computer con il quale entrava in contatto. Un sofisticato software che i consulenti scelti dalla Procura hanno scovato nel personal di Bisignani e della sua segretaria Rita Monteverde. In questo modo lo stesso Bisignani sarebbe riuscito a captare migliaia di documenti poi archiviati su due caselle di posta estere. L’accusa ritiene che si tratti di informazioni riservate poi utilizzate nell’attività di dossieraggio o per orientare le nomine e gli appalti. Una tesi che i difensori dell’uomo d’affari, gli avvocati Fabio Lattanzi e Gianpiero Pirolo, negano con decisione”.
“La Guardia di Finanza – aggiunge il Corriere – conferma di aver ricevuto «un elenco di 114 fogli relativo alle caselle di posta elettronica “purge626@googlemail. com”e “tim11235@googlemail. com”» e la comunicazione di «aver provveduto al congelamento per un periodo di 90 giorni, estendibile per altri 90 giorni qualora venisse richiesto per iscritto»” .
E le conferme che ci fosse una specie di software pirata per rubare documenti agli investigatori è arrivata dai tecnici lo scorso 13 luglio. Spiega ancora Sarzanini: “La società incaricata di analizzare i computer ha invece confermato di essere «certa che dall’analisi del programma trovato a l l ’ i n t e r n o de l f i l e z i p “B i s i g n a -ni25092010_001. zip”(quello appunto “pirata”ndr) venivano prese informazioni formate e/o in corso di formazione dal computer in uso e spedite tramite Internet sulle caselle di poste elettroniche» e che «dall’analisi dei traffici dati sugli account che si potrebbero ottenere dai server di Google si potrebbe cercare di risalire sia ai pc che utilizzavano tale applicazione (consapevolmente o no) sia agli utilizzatori finali dei dati prelevati»”.