MILANO, 14 GIU – Lo schema era sempre lo stesso. Prima si realizzavano importanti plusvalenze con operazioni di trading, anche di palazzi di pregio, poi si devolveva una rilevante quota di quanto realizzato distribuendo dividendi ai soci, e infine si ometteva di pagare le imposte, creando un debito all'erario di circa 20 milioni. E' questa la ''sequenza con effetto letale'', che ha portato al fallimento di quattro societa' del gruppo Operae e in carcere per bancarotta fraudolenta Vittorio Casale, il 'dominus', nonche' ex re del bingo e amico dell'ex numero uno di Unipol Giovanni Consorte.
Oltre a Casale, i militari della Guardia di Finanza di Milano hanno arrestato anche Francesco Vizzari, dirigente del gruppo, e Gian Guido Bonatti, imprenditore e amministratore di una societa' fantasma, la Skt, alla quale sono state trasferite le quattro societa' (Operae Partners, Operae Abruzzi, Operae Parlamento e Cile Immobiliare Castello) fallite alla fine dell' anno scorso) quando erano gia' ''scatole vuote cariche solo di debiti fiscali''. L'ordinanza di custodia cautelare e' stata firmata dal gip milanese Fabrizio D'Arcangelo su richiesta dei pm Luigi Orsi e Gaetano Ruta che hanno avviato l'inchiesta dopo aver ereditato un procedimento dai colleghi di Roma su Skt e ricevuto una segnalazione dall'Agenzia delle Entrate del Lazio. Inchiesta che, inoltre, si e' innestata sul fallimento chiesto e ottenuto per le quattro societa', e che ha portato a delineare anche ''una situazione fortemente compromessa sul piano finanziario per tutto il gruppo Operae'' ormai arrivato a uno ''stato di decozione''.
Al centro del meccanismo architettato dai tre ci sono una quindicina di operazioni di acquisto e rivendita di immobili di pregio e non, come quelli in piazza Castello a Milano, in piazza del Parlamento e in via Abruzzi a Roma, via Cairoli, in via da Formigine o in piazza della Costituzione a Bologna fino a quelli a Caserta e ad Arzano in provincia di Napoli.
Operazioni di trading che tra il 2005 e il 2006 avevano prodotto plusvalenze notevoli (sulla falsariga di quelle degli anni d'oro di Coppola e Ricucci), con conseguente distribuzione di ricchi dividenti tra i soci ma anche con un debito erariale inadempiuto. Tutto cio', assieme all'alienazione dei patrimoni e una remunerazione ''spropositata'' per pagare prestazioni forse mai effettuate, ha portato a trasformare le quattro societa' in ''bare fiscali'', ha scritto il gip, sottolineando che Vittorio Casale e' stato ''il principale beneficiario'' di questa ''sequenza con effetto letale''.