BRACCIANO (VITERBO) – In coda per l’acqua “come fanno le donne Masai in Africa”. Ma succede a Bracciano e in diversi Comuni della provincia di Viterbo, a qualche decina di chilometri da Roma. Colpa dell’emergenza arsenico. Un’emergenza che in realtà va avanti da mesi. Da quando, cioè, è scaduta la proroga della deroga Ue sul limite ai livelli di metalli (tra cui l’arsenico) nell’acqua per uso umano.
I livelli di arsenico nell’acqua erano alti da tempo: sempre superiori ai limiti di 10 microgrammi per litro fissati da una legge del 2001. Nel dicembre 2012 è scaduta la proroga all’Ue e in moltissimi Comuni viterbesi l’acqua del rubinetto è proibita. Così gli abitanti di quei paesi sono costretti a mettersi in fila con le taniche per rifornirsi dall’autobotte che porta l’acqua potabile.
Come a Bracciano succede a Capranica, racconta il Corriere della Sera: “Abbiamo messo i filtri alla macchinette, sennò il caffè non si può fare. Siamo ridotti a lavarci i denti con le bottiglie, una situazione invivibile”, spiegano all’inviato del Corriere dal bar della piazza.
Raimondo Chiricozzi, del Comitato Acqua Potabile di Ronciglione, è netto: “Gli studi del Dipartimento Epidemiologico della Regione Lazio indicano un alto eccesso di mortalità per tumori nella Tuscia, frutto della contaminazione da arsenico. Ma si è corsi ai ripari troppo tardi e oggi ne pagano le spese i cittadini”.
