Attentato Brindisi. Vendetta contro il tribunale? Cosa dice la sentenza

BRINDISI – Giovanni Vantaggiato, reo confesso dell’attentato alla scuola, ha sostenuto inizialmente che l’ha fatto per vendicarsi di una sentenza, anche se dopo ha ritrattato dicendo: “Non so perché l’ho fatto”.

In un primo momento però aveva detto che voleva colpire il Palazzo di Giustizia: per ammazzare qualche giudice , ottenere un macabro quanto assurdo risarcimento? Il procuratore distrettuale antiterrorismo Motta ha ancora molte perplessità: è vero che è stata sconfessata la sua linea di indagine contraria alle ipotesi di un gesto isolato. Per questo aveva avocato a sé l’inchiesta, esautorando per questo il procuratore di Brindisi Di Napoli, primo titolare del caso che non credeva a una ritorsioni o avvertimenti mafiosi. Ma rischiare di provocare una strage di studenti, a 200 metri dal vero bersaglio, e poi a leggere la sentenza incriminata, insomma qualche dubbio sul movente resta.

Cosa c’è scritto in quella sentenza? Procediamo con ordine. Vantaggiato ha confessato il delitto motivandolo con un suo forte risentimento nei confronti del tribunale di Brindisi. A suo parere, con la sentenza erogata giusto 30 giorni prima dell’attentato, il 19 aprile (una coincidenza?) aveva subito un grande torto. Era stato truffato per 343 mila euro ma i truffatori se l’erano cavata. Cosa era successo? Il deposito di carburanti a Cupertino è intestato alla moglie di Vantaggiato. La quale aveva sporto denuncia contro Cosimo Parato, 47 anni di Torre Santa Susanna, due suoi famigliari e un terzo presunto complice. Tutti venivano accusati a vario titolo di aver emesso assegni a vuoto per 343.000 euro con i quali tra maggio 2007 e settembre del 2009 avrebbero acquistato da Vantaggiato 700.000 litri di gasolio e 6.000 litri di benzina, tutto carburante da riscaldamento o per uso speciale quindi a tariffa agevolata.

Una truffa in piena regola. Ma la sentenza fu troppo morbida secondo Vantaggiato: assolto l’uomo che avrebbe materialmente firmato gli assegni e prosciolto in istruttoria un pubblico ufficiale che Vantaggiato aveva invece indicato come complice dei truffatori. Il tribunale riconobbe solo Cosimo Parato colpevole della truffa, condannandolo tra l’altro al pagamento di una multa da 600.000 euro a favore dello Stato. Appena 600 euro di multa e un anno e mezzo di reclusione invece per i due famigliari di Parato e assoluzione piena per il  quarto imputato. La moglie di Vantaggiato si era vista tuttavia riconoscere dal tribunale il diritto al risarcimento dei danni da stabilirsi nel corso di un successivo processo civile. Nella loro costoituzione di parte civile, avevano chiesto un risarcimento di 400.000 euro, “come danni morali, patrimoniali e psicologici”.

Giovanni Vantaggiato, insomma, poteva ragionevolmente aspettarsi la restituzione del maltolto, con gli interessi. Non ha capito le farraginose dinamiche processuali, non sa distinguere tra ambito penale e civile? Ha considerato un oltraggio personale il rinvio del risarcimento ad altra data e altro processo? Resta da capire se qualcuno dei protagonisti della vicenda, collegati al processo e a Vantaggiato, sia collegabile anche alla scuola Morvillo-Falcone. Il preside della scuola era stato “attenzionato”, ma non è emerso nulla se non  la strana coincidenza di una porta blindata fatta costruire nel suo ufficio. Non ho nemici, dice il preside: secondo la Gazzetta del Mezzogiorno i suoi giorni all’Istituto finiscono qui.

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Warsamé Dini Casali