Produzione in aumento, come i licenziamenti: ecco il paradosso Milano

MILANO – Milano prova a rialzare la testa davanti alla crisi riuscendo far segnare un andamento migliore del resto della Lombardia. Ma i segnali continuano ad essere estremamente preoccupanti: è quanto emerge da un’elaborazione del Servizio studi della Camera di commercio di Milano sui dati Unioncamere Lombardia, sulla situazione congiunturale. Il quadro diventa ben più fosco invece se l’occhio si posa sulla situazione relativa al tema occupazionale. I livelli produttivi al quarto trimestre dell’anno passato hanno fatto registrare una diminuzione leggera a livello regionale (-0,7%) e un altrettanto esiguo segno positivo per quanto riguarda la metropoli meneghina (+0,5%). In dettaglio è in calo l’artigianato sia nel caso regionale che del capoluogo con rispettivamente –2,7% e –1,1%, ma tra i settori che hanno fatto registrare un rallentamento maggiore troviamo soprattutto commercio (–4,8% in Lombardia, -5% a Milano) e servizi (-2,7% in Lombardia, -3,2% a Milano). I riflessi di questo andamento così incerto, in parte positivo ma soprattutto negativo sono facilmente rilevabili dal numero di lavoratori in mobilità o licenziati a gennaio del 2012: sono ben 7.410. Un numero mai raggiunto in passato e in forte aumento.

Questo dato è frutto invece delle elaborazioni condotte dalla Cisl Lombardia sulla base dei dati delle liste pubbliche provinciali e regionali. “È un nuovo grave campanello d’allarme di una crisi che continua a colpire il lavoro – commenta Gigi Petteni, segretario generale della Cisl Lombardia -. L’aumento dei lavoratori licenziati conferma quello che da tempo diciamo: non basta limitarsi a difendere una cassa integrazione che prima o poi finisce, dobbiamo occuparci urgentemente di chi il lavoro lo ha perso o lo sta perdendo”.

In questi tre anni di crisi il numero di licenziati ogni mese è viaggiato attorno alle 4-5mila unità. Erano ad esempio 5.994 nello stesso mese dello scorso anno e 3.817 lo scorso dicembre. È un dato variabile, ma che si è sempre tenuto su una media stabile. L’aumento rilevato a fine gennaio lascia intravvedere un 2012 di dura crisi occupazionale per molti lavoratori. Ad aggravare la situazione è il fatto che l’incremento più sensibile si registra tra i lavoratori delle piccolissime aziende o dei settori deboli (+ 29,3% rispetto a a fine gennaio 2011), coperti solo dopo il licenziamento da 8 mesi massimi di disoccupazione ordinaria e non dai 2 o 3 anni di indennità di mobilità come avviene nell’industria. Dei 7.410 licenziati ben 5.055 hanno solo gli 8 mesi contro i 2.355 che hanno la mobilità per intero. Insomma sul fronte occupazionale siamo vicini alla catastrofe tanto che lo stesso Petteni è pronto a ridiscutere le regole attuali sul mercato del lavoro perché “queste non aiutano più”. E conclude: “È assurdo che due-terzi dei licenziati non abbiano sostegni degni di questo nome, così com’è altrettanto assurdo che in questo Paese si continui a pensare che occorra più facilità sui licenziamenti. ‘Più occupati e meno licenziati’ deve essere lo slogan per chi vuole davvero riformare il mercato del lavoro”.

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