Costrette a lavorare anche al freddo e sotto la pioggia, fino all’alba se non veniva raggiunto un incasso di 200 euro, le minorenni romene tenute in schiavitù da due organizzazioni criminali, sgominate a Prato, erano del tutto succubi dei loro aguzzini. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso, come ha spiegato il capo della squadra mobile, Francesco Nannucci, “che alcune si fidanzavano con gli uomini della banda d’appartenenza”.
Altre, “pur accompagnate in strutture protette, sono sempre fuggite per far ritorno sulla strada” e nelle case dove erano segregate. In un caso, l’abitazione coincideva con quella di una signora di 86 anni, pratese, la cui badante 43enne, ora in carcere, apparteneva a una delle due bande. Una giovane è stata fatta abortire, ma subito dopo è tornata di nuovo a prostituirsi.
Alle giovanissime, i capi “incutevano il timore per la polizia”. Dotate di uno spray urticante per difendersi dalle eventuali aggressioni dei clienti, venivano invitate a “preferire la casa del cliente alla strada”. Le bande, una di albanesi e un’altra di romeni, “si erano accordate sul prezzo delle singole prestazioni, tra i 30 e i 50 euro. Nelle telefonate tra i capi erano chiamate con soprannomi spregiativi – hanno spiegato in polizia – come la Dentona o la Capra”.