Nel giorno della riesumazione della salma del bandito Salvatore Giuliano suo nipote Giuseppe Sciortino si augura che il corpo non sia il suo. ”Da familiare – spiega Sciortino – mi auguro che quello sepolto nel cimitero di Montelepre non sia mia zio Salvatore Giuliano. Spero che lui sia fuggito e sia riuscito a rifarsi una vita”.
”Non so con quale dei familiari ancora in vita – ha aggiunto – sarà effettuato il confronto con il dna ricavato dai resti. A me ancora non è stato chiesto nulla”.
Sciortino esibisce la chiave della cappella in cui sarebbe sepolto il bandito: gli investigatori vogliono accertare proprio l’identita’ della salma per fugare i dubbi che nel cimitero di Montelepre ci sia un sosia. Ai giornalisti che gli chiedevano quanto il cognome Giuliano e la parentela con Turiddu abbia pesato sulla sua vita, Sciortino ha risposto: ”Non poco”.
Il nipote del bandito, rispondendo alle domande sul coinvolgimento dello zio nella strage di Portella della Ginestra, ha aggiunto: ”Giuliano non c’entrava nulla, quella era un’azione dimostrativa organizzata perché si temeva che il Pci andasse al potere. Mio zio era a cinquecento metri dalla strage e non avrebbe potuto, con le armi che aveva, uccidere nessuno. Dalle perizie è emerso che a sparare furono fucili dell’esercito. Per Portella della Ginestra hanno pagato persone innocenti”.
”Fin quando – ha spiegato – non si toglierà il segreto di stato sulla vicenda non sapremo la verità”. Sciortino ricorda lo zio come ”uno degli eroi della lotta indipendentista siciliana”, come sua madre Marianna. E sui tanti carabinieri uccisi dal ‘Re di Montelepre’ commenta: ”Non erano i carabinieri di ora, erano degli invasori e c’era una lotta di liberazione in corso”.
