ROMA – Slovenia, Croazia, Montenegro, Grecia, Tunisia, Malta, Corsica: le barche italiane cercano altri porti dove approdare. In 30mila almeno hanno cambiato rotta, hanno scelto di gettare l’ancora all’estero. Lì costa meno, c’è più libertà. Gli stranieri sono più accomodanti anche sui controlli.
C’è chi lo chiama “effetto Cortina”, paura della task force del Fisco, che svuota i porti.
A dicembre la prima avvisaglia e la prima fuga di massa con l’arrivo della tassa di stanziamento per gli scafi superiori a 10 metri, poi diventata tassa solo per gli armatori italiani.
“Il calo, su 150 mila posti barca, è stato del 15-20 per cento, a seconda delle zone. Un danno che, in termini economici, equivale a 200 milioni in meno su un giro d’affari totale di circa un miliardo”, spiega Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas, l’associazione italiana dei porti turistici.
Tra 2011 e 2012, insomma, i porti italiani hanno avuto perdite per circa 200 milioni rispetto al 2009 e 2010. “In Italia tra gli esodati ci sono anche i titolari delle grandi imbarcazioni delle fasce superiori ai 15 metri. Sono molti gli utenti che quest’anno si sono tenuti lontani dalle coste italiane. E gli stanziali, dopo aver preso il largo quando si profilava la tassa di stazionamento, non sono rientrati. I vuoti, poi, sono stati in parte recuperati con le barche a vela; e anche i maxi-gommoni hanno tenuto. Però, in generale, la situazione è più pesante ancora dell’anno scorso, perché si riscontra un diradamento di manutenzioni e richieste di accessori e ricambi. Senza contare che molti armatori hanno tenuto le barche nei capannoni, senza metterle in mare”.
L’anno scorso, dice Perocchio, “i servizi avevano subito un calo del 20%; nel 2012 si è aggiunto un ulteriore 10%. Inoltre, per i posti barca, il calo dimensionale degli utenti ha comportato minori introiti ai porticcioli. La gestione degli ormeggi ha subito un calo di fatturato compreso tra il 5 e l’8%, al quale si aggiunge il -10% del 2011. Il fatturato medio di un porto turistico italiano è di circa 2 milioni. Moltiplicato per le 500 basi nautiche nazionali, fa un miliardo. Su questa cifra i servizi incidono per circa 300 milioni. Il calo, negli ultimi due anni, è stato del 30%, quindi i servizi hanno perso circa 90 milioni. I restanti 700 milioni sono da attribuire ai ricavi degli ormeggi e, nei due anni, hanno perso tra il 15 e il 18%. Dunque, in 24 mesi sono stati bruciati circa 200 milioni”.
Roberto Sponza, direttore di Porto San Rocco, a sole tre 3 miglia dalla frontiera con la Slovenia racconta di una ventina di barche “fuggite” su 540 posti totali: “I nostri prezzi, per forza di cose, sono concorrenziali con quelli sloveni. Ma se ai 20 mila euro per il posto barca si fossero dovuti aggiungere, poniamo, 37 mila euro di tassa il confronto non avrebbe retto”.
“Sono scappati in tanti. Su 622 posti abbiamo perso 40 barche, tutte tra i 20 e i 25 metri” racconta Gianni Sorci direttore del porto di Marina di Rimini. “In Croazia propongono contratti di affitto biennali o triennali: ci vorrà del tempo. l’Iva in Corsica è al 2%, da noi al 21 da Bologna si va a Kos, in Grecia, con un low cost e lì si recupera la barca. So di colleghi che hanno accolto clienti venuti dalla Francia perché lì i posti erano esauriti”.