BARI – Alla fine non ci sarà nessuna messa pubblica e neanche nessuna cerimonia strettamente privata per ricordare Rocco Sollecito, il 67enne boss della mafia canadese ucciso in un agguato nel maggio scorso a Montreal. Lo ha deciso il questore di Bari, Carmine Esposito, per motivi di ordine e di sicurezza pubblica. E subito dopo è arrivato il grido dell’ arcivescovo di Bari-Bitonto Francesco Cacucci: informato dal Prefetto, e non dal sacerdote, ha emanato un ulteriore divieto della pubblica celebrazione pomeridiana minacciando, in caso di inottemperanza, di assumere “i provvedimenti disciplinari previsti dalle norme giuridiche vigenti”.
Tutto era nato dopo le polemiche sorte attorno alla decisione del parroco della chiesa madre di Grumo Appula, don Michele Delle Foglie, di invitare i fedeli con pubblici manifesti a partecipare a una messa di suffragio per il boss, inizialmente fissata per martedì pomeriggio. “Le messe non onorano, ma ricordano”, ha spiegato don Michele per tentare di smorzare le polemiche. Al parroco non importa chi sia stato in vita Rocco Sollecito. Si limita a dire di essere “il confessore di tutti i peccatori”, sottolinea che “nessuno si deve permettere di interferire con le mie decisioni di padre spirituale e pastore”, ma glissa su quanto è scritto sui manifesti funebri in cui sembra proprio lui ad invitare i fedeli a partecipare alla messa in suffragio del boss.
Proprio quel manifesto funebre affisso in città, circa 13mila abitanti a 16 chilometri da Bari, è al centro delle polemiche scatenatesi attorno al sacerdote che pare abbia provocato irritazione nella diocesi di Bari-Bitonto. “Il parroco, don Michele Delle Foglie – è scritto nel manifesto – spiritualmente unito ai famigliari residenti in Canada e con il figlio Franco venuto in visita nella nostra cittadina, invita la comunità dei fedeli alla celebrazione di una santa messa in memoria del loro congiunto”.
Rocco Sollecito, esponente di spicco del crimine organizzato italiano in Canada, fu ucciso il 27 maggio scorso con colpi di arma da fuoco mentre guidava la sua Bmw bianca. La sua uccisione rappresentò un nuovo duro colpo per una delle famiglie mafiose del clan Rizzuto, ritenuto dagli investigatori tra i più potenti del Canada. “E’ un omicidio legato alla mafia”, spiegò Franco di Genova, il portavoce della polizia di Laval, area in cui fu stato ucciso Sollecito, grumese di origine agrigentine.
Suo figlio, Stefano, è ritenuto il capo della mafia di Montreal insieme al figlio di Vito Rizzuto, Leonardo. La vittima faceva parte della ‘cupola’ di sei membri che dalla fine degli anni Novanta aveva gestito gli affari illeciti a Montreal. Dei sei presunti mafiosi, solo due sono vivi perché in carcere, gli altri sono caduti in agguati organizzati da chi vuole controllare tutti i traffici illeciti in Canada, a cominciare dal narcotraffico. Il killer di Sollecito, conoscendo le abitudini mattutine del boss, lo attese a una fermata dell’autobus, aspettando in un gabbiotto il suo passaggio in auto. Appena lo vide sparò in sequenza numerosi colpi di pistola e fuggì. Dopo l’omicidio la salma del boss fu portata e Grumo Appula, sua città d’origine.
Il questore di Bari, Carmine Esposito, vietò però la celebrazione dei funerali solenni fissati per il 6 luglio nella parrocchia Santa Maria Assunta, e ordinò la celebrazione delle esequie all’alba per motivi di ordine e di sicurezza pubblica. Stesso provvedimento che ha preso oggi ordinando la messa in suffragio alle sei del mattino in forma strettamente privata. Fatto, questo, ricordato anche dall’arcivescovo in una lettera al parroco pubblicata sul sito dell’arcidiocesi. “Evidenzio il grave scandalo che questa tua decisione, presa peraltro in modo arbitrario e senza consultare l’Ordinario Diocesano, sta provocando”, scrive il presule. “Nel caso in cui non ti atterrai a questa decisione – aggiunge – sarò costretto ad assumere i provvedimenti disciplinari previsti dalle norme giuridiche vigenti”.