“C’è una storia, nell’anno record appena chiuso con 123 trapianti d’organo, che ha emozionato tutti”. Questo l’incipit del racconto che il Policlinico di Bari fa di un trapianto di reni da per salvare una bambina di 12 anni da una insufficienza renale terminale. Il donatore è stato suo padre, detenuto in carcere.
Il trapianto è stato eseguito dall’equipe del professor Michele Battaglia. La piccola paziente ora sta bene ed è sotto osservazione periodica del reparto di nefrologia pediatrica.
L’insufficienza renale era stata diagnosticata all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII dal dottor Mario Giordano. Dopo un anno di dialisi il rene della piccola aveva smesso di rispondere e l’unico trattamento che avrebbe potuto salvarla era il trapianto. Con l’autorizzazione al prelievo a scopo di trapianto dalla ‘commissione terza’ e dal magistrato di sorveglianza il padre detenuto ha potuto donare l’organo alla figlia.
“Questo caso ci ha molto coinvolto e impegnato. Al bellissimo atto di amore paterno è corrisposto il grande impegno del centro regionale trapianti per rendere possibile un dono che ha superato tutti gli ostacoli e le barriere per salvare la piccola”, commenta il coordinatore del centro regionale trapianti, Loreto Gesualdo.
“Dietro ogni trapianto d’organo ci sono storie di grande umanità – aggiunge il direttore generale del Policlinico di Bari, Giovanni Migliore – . Il sorriso restituito a questa famiglia ci incoraggia ad andare avanti con il programma di trapianto rene da vivente, soprattutto in questo periodo in cui il Covid sta impegnando gli ospedali con sforzi organizzativi maggiori”. In un video messaggio, la madre ha ringraziato il Policlinico per aver “donato una seconda vita a mia figlia” e il marito “al quale non possiamo essere vicino”.