Sono ben 13.300 ma solo il 39% è in regola. Sono le case di cura che lavorano in conto e per nome del servizio sanitario pubblico. Tra le tante fuori norma c’è anche Villa Pia, la casa di cura romana finita sotto inchiesta della magistratura per la morte di una donna di 34 anni, avvenuta il 13 aprile, che aveva appena partorito due gemelli con taglio cesareo.
A prescindere da questo caso drammatico, una riforma del sistema che controlli e metta anorma le case di cura, è stata negli ultimi mesi più volte annunciata da Ferruccio Fazio. Il ministro ha parlato di «una forma mista, costituita da un sistema di valutazione in due fasi. Una prima parte che prevede criteri di valutazione più rigidi per il rilascio dell’accreditamento. Quindi una seconda parte che consiste nella verifica dell’attività anche alla luce della custode satisfation, cioè del gradimento dei cittadini».
Si tratterebbe insomma di un ulteriore esame. Fazio ha anche anticipato che «per la prima volta in Italia saranno pubblicati sul sito del ministero 40 indicatori di efficienza delle strutture sanitarie, pubbliche e private».
Su 13.375 strutture quelle definitivamente entrate nel sistema sanitario nazionale sono il 39,1% (poco più di 5200). Le provvisorie sono il 37,6% (5023). Il 6,2% sono state ritenute di competenza del settore sociale, il restante 17,2% rientrano in situazioni non ben definite.
La situazione è diversa a seconda dell’area geografica. Nell’Italia nord occidentale il 70% delle strutture sono accreditate in via definitiva, la percentuale scende al 60% al nord est. Al centro la maggioranza (il 60%) sono provvisorie, al sud risulta la più bassa percentuale di strutture definitive (5%).