
Benno Neumair: “Per loro io ero un fallito, mia sorella bravissima. Ho avuto un blackout” (foto Ansa)
“Ho lasciato casa nel 2010, stanco delle liti continue. Ero sempre paragonato a mia sorella. Lei bravissima in tutto, prematura nei suoi traguardi e molto legata a mia madre, che mi offendeva sempre, mi denigrava”.
A parlare è Benno Neumair, il trentenne in carcere per l’omicidio e l’occultamento del cadavere dei suoi genitori, Peter Neuimair e Laura Perselli.
In quella casa ci è tornato a vivere per via del Covid, “non avendo più possibilità lavorative”.
Benno Neumair: “Quando ho ucciso mio padre prima e mia madre poi era come se fossi uscito dalla realtà”
“Quando ho ucciso mio padre prima e mia madre poi – racconta – era come se fossi uscito dalla realtà. So bene che è difficile veder riconosciuta la totale incapacità di intendere e di volere. Che nulla, nemmeno il fortissimo pentimento che provo, mi risparmierà la pena lunga che ho appena iniziato a scontare. Ma è ora che si conosca anche la mia verità”.
La sua vita in carcere: “Non faccio attività fisica, pur avendone la possibilità. Leggo molto. Niente gialli, soprattutto romanzi di viaggi come le avventure di Robinson Crusoe. Alterno momenti di profonda tristezza a frammenti di vita normale con i miei compagni di cella”.
Peter Neumair dice che “tutto, sommato, c’è chi sta bene dietro le sbarre, io no, sono disperato. Fatico ancora a capire perché io abbia fatto quello che ho fatto”. Dice di essersi “commosso” quando hanno ritrovato i corpi. L’esercizio che fa più spesso? “Provare a cancellare dalla mia memoria il 4 gennaio. Quel giorno ho avuto un blackout. Sono stato risvegliato da mio padre in maniera energica, abbiamo avuto l’ennesima discussione per i soliti motivi, mi diceva che non valevo niente, al contrario di mia sorella”.
Benno Neumair: “Quando mio padre è entrato in camera con quella veemenza, ho preso un cordino e…”
Poi l’omicidio: “Non ci ho visto più e quando mio padre è entrato in camera con quella veemenza, ho preso un cordino che avevo a portata di mano in un cestino e con quello l’ho strangolato. A quel punto mi sono assopito a terra, accanto al suo corpo. A svegliarmi il telefono, era mia madre che mi diceva che stava rientrando in casa. Ho sentito la chiave nella toppa, l’ho vista e con il cordino ancora in mano ho strangolato anche lei”.
