Soldi buttati nel braccialetto elettronico: 100 milioni in 10 anni

ROMA – Soldi buttati nel braccialetto elettronico: l’ipotesi per i carcerati italiani, rilanciata dal ministro della Giustizia Paola Severino, è una storia di sprechi. Dal 2001 lo Stato ha speso 100 milioni di euro. Il racconto dello spreco lo fa Francesco Grignetti su La Stampa: 400 braccialetti ordinati, solo se applicati. Il resto “in soffitta”.

Secondo Grignetti, “i problemi tecnici non sono mai mancati”. Ad esempio, “in tema di detenuti che si allontanano senza permesso, ogni errore del braccialetto rappresenta un’evasione”.

Grignetti racconta la storia in ordine cronologico: nel 2001 due ministri di centrosinistra, Piero Fassino e Enzo Bianco, annunciano la sperimentazione. Costo dell’operazione: 60 mila lire al giorno. Ma, la sperimentazione “non funziona”. Il primo detenuto, spiega Grignetti, “rompe i fili e scappa”.

Nel 2003 il rilancio dell’operazione, voluta in tandem dal ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, e da quello della Giustizia, Roberto Castelli. Scrive Grignetti che venne firmato un contratto decennale con la Telecom da 11 milioni di euro all’anno: “La sperimentazione prevede ora una sala operativa unica nazionale e 400 braccialetti da usare in giro per l’Italia”. Ma “va così male che al sesto braccialetto sistemato si decide di soprassedere”. Ma il contratto è valido, a Telecom vanno gli 11 milioni e la sala operativa, seppur inutilizzata, rimane aperta.

Lo scandalo è stato fatto scoppiare dal Sappe, il sindacato della Polizia pentienziaria che si lamentava dei continui sprechi in un settore così in crisi.

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Alberto Francavilla