ROMA, 19 NOV – A Torino si potrebbe aprire un indagine sulla fuga di notizie sul caso Anna Maria Cancellieri.
C’è rammarico in procura a Torino per la fuga di notizie sull’informativa con cui la guardia di finanza trasmetteva i tabulati delle telefonate fra Antonino Ligresti e il ministro Cancellieri. La pubblicazione non ha agevolato il lavoro dei magistrati ed è possibile – secondo quanto appreso – che vengano aperti degli accertamenti.
L’informativa in questione, dove tra l’altro si dava conto della telefonata di Anna Maria Cancellieri ad Antonino Ligresti del 21 agosto, è stata inoltrata a Palazzo di Giustizia lo scorso 6 novembre. Il 16 novembre ne è seguita una seconda – su richiesta dei magistrati – in cui venivano rievocate le tappe dell’intera vicenda.
I tabulati acquisiti dai pubblici ministeri coprono il periodo compreso fra il 17 luglio e il 29 agosto. Dall’esame della documentazione risulta che le telefonate fra il marito del ministro e Antonino Ligresti sono almeno una decina e non soltanto sei, come scritto finora; non sono comunque emerse circostanze che facciano pensare alla commissione di reati.
L’incartamento poteva essere utilizzato per ribadire l’esistenza di esigenze cautelari a carico degli indagati (come per esempio Jonella Ligresti, figlia di Salvatore Ligresti, ancora detenuta).
ATTI DELL’INCHIESTA A ROMA. Da oggi gli atti della procura di Torino sulla vicenda Cancellieri sono al vaglio della procura di Roma. A piazzale Clodio è stato aperto un fascicolo cosiddetto “modello k”, ossia senza ipotesi di reato e indagati.
L’incartamento, consegnato personalmente dal procuratore aggiunto di Torino Sandro Ausiello ai colleghi romani, è attualmente al vaglio del procuratore Giuseppe Pignatone. Domani, dopo un’esame approfondito della documentazione, sarà assegnato ad un sostituto. Contestualmente saranno decise le strategie di indagine.
PERCHÉ LA CANCELLIERI NON È INDAGATA. Anche se le dichiarazioni rese dal ministro Anna Maria Cancellieri alla procura di Torino non fossero corrette al 100%, potrebbero non essere punibili. Questa, secondo quanto si apprende, è una delle numerose considerazioni che hanno convinto i pm a non procedere per proprio conto – in vista della cessione delle carte alla procura di Roma – all’iscrizione del Guardasigilli nel registro degli indagati.
Nelle telefonate del ministro ad Antonino Ligresti, e nel suo interessamento alle condizioni di salute di Giulia Ligresti nei giorni in cui la donna era detenuta nel carcere di Vercelli, non sono stati ravvisati gli estremi dell’abuso in atti di ufficio.
Quanto alle dichiarazioni messe a verbale il 22 agosto, è possibile applicare una delle cosiddette “cause di non punibilità ” previste dall’articolo 384 del codice penale e, in particolare, quella che si riferisce a chi ha commesso il fatto (in questo caso, una ricostruzione non genuina) per la necessità di salvaguardare il proprio “onore”. In caso di iscrizione nel registro degli indagati potevano anche sorgere dei problemi legati all’utilizzabilità del verbale.
La competenza per territorio è della procura di Roma, visto che l’audizione del Guardasigilli avvenne “presso il Ministero di giustizia”. Dunque dovranno essere i pm capitolini a svolgere gli ulteriori approfondimenti del caso e a decidere se e come procedere.