
ROMA – Cannabis da legalizzare: capo Antimafia con gli antiproibizionisti. Chi produce la cannabis che invade i mercati occidentali? I talebani sono i maggiori produttori, ci finanziano lotta armata e terrorismo. Chi gestisce il traffico in Italia? Le mafie che controllano distribuzione e dividendi. Quali effetti hanno avuto e hanno le leggi ispirate al proibizionismo repressivo? Nulli, se si pensa che in Italia circolano 1,5 milioni di tonnellate all’anno, per 3 milioni di consumatori stabili.
Una popolazione dedita alle droghe leggere, spauracchio principe delle forze dell’ordine che gli dedicano molte più energie che al contrasto alle droghe pesanti, pasticche comprese: “I sequestri di cannabis sono 100 volte di più di quelli di eroina e cocaina, 800 volte maggiori dei sequestri delle droghe sintetiche”.
Sono tutte informazioni note, ma se a riferirle direttamente al Parlamento che ha messo in agenda la discussione un ddl antiproibizionista per il 25 luglio, è il procuratore nazionale Antimafia (Dna) Franco Roberti, la cosa assume un’importanza diversa. Roberti, ascoltato in audizione, in sostanza ha detto a chiare lettere che con la legalizzazione delle droghe leggere “si combattono i produttori taleban afghani e i clan che hanno saldamente in mano il monopolio del traffico”. Un colpo a mafie e terrorismo.
Per questo motivo che la Superprocura è favorevole a far produrre la marijuana come si fa attualmente con il tabacco, sotto il controllo dei Monopoli, e a venderla nelle tabaccherie. Roberti giustifica la rivoluzione in cinque punti: liberare risorse da indirizzare nella lotta alle droghe pesanti, sollevare i tribunali da migliaia di procedimenti che portano troppo spesso a sanzioni che restano sulla carta, togliere ricchezza alle mafie, far guadagnare lo Stato con nuove entrate, prosciugare il canale di autofinanziamento dei taleban afghani. Roberti è invece contrario all’autoproduzione e agli shop dedicati come in Olanda. Il pericolo è che la criminalità, cacciata dalla porta, rientri dalla finestra, si veda il settore delle scommesse. (Francesco Grignetti, La Stampa)
