ROMA – Come se non bastasse il problema del sovraffollamento, ecco un’altra emergenza nelle carceri italiane, quella dell’acqua. A un anno dal provvedimento 7605/2010 della Commissione Europea che negava all’Italia la deroga al consumo di acque potabili con alti contenuti di metalli pesanti nocivi, l’emergenza arsenico preoccupa ancora migliaia di residenti nei 92 Comuni del Lazio, e altri 36 nel resto della Penisola, le cui sorgenti risultano gravemente contaminate e si scopre che, per migliaia di detenuti a rischio avvelenamento, nulla è stato fatto. Sarebbero almeno cinque gli istituti di pena della regione in cui si continua a somministrare acqua vietata dall’Ue a causa del forte rischio di insorgenza di tumori. A rischio almeno la metà dei 6.500 detenuti nel Lazio.
Come riporta Alessandro Fulloni per Il Corriere della Sera, però non è soltanto un problema del lazio. “L’emergenza va considerata su scala nazionale. Noi abbiano verificato che anche a Cosenza mancano forniture di acqua potabile che rispetti i limiti di arsenico imposti dall’Ue – dice Domenico Nicotra, vice segretario generale dell’Osap, il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria – e il problema affligge circa 300 detenuti della locale Casa circondariale”, anche loro costretti a pagarsi la minerale in bottiglia. Lo stesso Osap ricorda il caso del nuovo carcere di Gela, “fermo da tre anni per contenzioso tra il direttore del Dap Franco Ionta e il sindaco del comune siciliano, al quale il dipartimento dell’amministrazione penitenziari rimproverava la mancata fornitura di acqua”.
“L’acqua che c’è negli istituti è la stessa acqua che c’è fuori nei comuni inquinati – sottolineano dall’associazione Antigone -: vari volontari ci hanno segnalato la questione per Viterbo, sostenendo che l’acqua minerale in carcere costava (come sopravvitto previsto dal modello 72) 3 euro a bottiglia: un prezzo assurdo”.
A Viterbo la situazione è comunque più grave. Un po’ in tutta la Tuscia i picchi di arsenico hanno superato i 50 microgrammi per litro, a fronte del limite di 10 poi derogato a 20 con un decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale a luglio. Un’emergenza che grava sul Mammagialla, già in difficoltà. Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (Dap), i detenuti reclusi a Viterbo sono attualmente 741, a fronte di soli 444 posti disponibili.