Danilo Restivo è il sospettato numero uno, sia per l’omicidio di Elisa Claps, sia per quello di Heather Barnett, la sua vicina di casa brutalmente uccisa a Bournemouth nel 2002. A suo carico, in entrambi i casi, ci sono indizi pesanti ma nessuno decisivo. Restivo, per difendersi, nel tempo ha alternato una strategia doppia fatta di fuga e attacco. La fuga è stata quella in Inghilterra: ritirata precipitosa dopo una condanna per falsa testimonianza e un clima che a Potenza per lui si era fatto invivibile.
L’attacco, invece, è arrivato per posta. Una serie di mail fiume, una ventina, scritte prima in forma anonima e poi firmate al giornalista Andrea Di Consoli, che collabora con il Riformista. Scelta non casuale. Di Consoli, infatti, è uno di quelli che meglio ha seguito il caso Claps dedicandogli decine di articoli. E il fatto che Restivo si rivolga proprio a lui testimonia che il ragazzo, pur andandosene, non ha mai voluto “chiudere” la parentesi Claps. Anzi.
Di Consoli, nel Riformista di venerdì 26 marzo pubblica ampi stralci proprio di quelle mail. Restivo racconta una sua verità, completamente diversa da quella ipotizzata dagli inquirenti. Della sua innocenza non scrive mai, forse la dà per scontata. Di certo si descrive come una vittima.
Tutto ruota attorno ad un episodio chiave. Siamo nel 2oo4 e Gildo Claps, il fratello di Elisa, si presenta nella casa inglese di Restivo con una troupe di “Chi l’ha visto”. Fino a quando Gildo bussa alla porta della casa nel Dorset è tutto chiaro. Dopo invece, i racconti dei due protagonisti sono incompatibili.
Dice Claps, e riporta Di Consoli, che alla porta non si presentò Restivo ma un ragazzo e che quando Restivo lo vide “sbiancò” e si rifiutò di parlare con lui.
Il racconto di Restivo, che parla in terza persona, è completamente diverso: “Era il 2 settembre 2004. Il signor Gildo Claps nella mattina di quel giorno ha recapitato a mano a casa del signor Danilo Restivo un plico postale inserendolo nella fessura della porta. Il plico conteneva una lettera piena di minacce firmata dallo stesso Gildo Claps e due bossoli di fucile. Le impronte digitali della lettera corrispondono a alle impronte digitali in uno dei bossoli”. Aggiunge Restivo che “Claps non può negare la circostanza perché c’erano 8 testimoni”. E alla fine spiega di aver rifiutato il confronto perché temeva che Gildo Claps fosse armato.
Ma nelle mail a Di Consoli il “sospettato numero uno” delinea anche una precisa strategia difensiva. Racconta al giornalista che non è stato lui l’ultimo a vedere viva la Claps e che la ragazza fu avvistata più tardi da almeno altre due persone. Non solo: Restivo dice che il giorno della scomparsa Elisa era preoccupata e fu lei stessa a chiedergli di entrare nella chiesa in cui il suo corpo è stato trovato 17 anni dopo.
Chi era, secondo Restivo, l’uomo che spaventava la Claps? Il ragazzo non lo dice apertamente ma invita a prestare attenzione ad un pentito di mafia, un certo Cappiello.
La strategia del ragazzo, però, sembra quella di voler alimentare la confusione. In questo senso è “normale” seminare il sospetto che Elisa sia stata uccisa perché aveva visto qualcosa che non doveva vedere. Cosa, però, Restivo non lo dice. Come non ci spiega chi è Cappiello e perché mai Elisa Claps avrebbe dovuto conoscerlo. Allo stesso modo non spiega alla polizia inglese perché la povera Heather Barnett “aveva paura che il suo vicino italiano le avesse rubato le chiavi di casa”. E non ci spiega neppure questa strana coincidenza: il corpo martoriato della Barnett viene ritrovato con in mano una ciocca di capelli e lui, a Potenza, è soprannominato “il parrucchiere” perché più di una volta ha tagliato “a tradimento” i capelli alle ragazze sugli autobus. Gli indizi a carico di Restivo, insomma, restano tutti.