Caso Claps. Un intervento dalla Lucania di Anna Rivelli: non fu don Mimì Sabia, ma il parroco aiutò Restivo a coprire tutto per 17 anni

L’uccisione di Elisa Claps continua a fare parlare e anche indignare. Dalla Associazione “Noicittadinilucani”, che ha come motto: “Non è la libertà che manca. Mancano gli uomini liberi”, Pino Nicotri ha ricevuto un commento che pubblichiamo.

Nicotri ha adombrato la tesi che nel delitto fosse implicato don Mimì Sabia, il defunto parroco della chiesa della Santissima Trinità, dove probabilmente fu uccisa la Claps appena sedicenne e nel cui sottotetto è stato ritrovato, dopo 17 anni di “sepoltura”, il corpo. Anzi, la tesi di Nicotri è anche più ardita, perché sostiene l’innocenza di Danilo Restivo e la colpevolezza del sacerdote.

“Noicittadinilucani” sembra invece propendere per la tesi che vuole Elisa uccisa da Restivo, ma con un pesante coinvolgimento di don Mimì.

L’associazione è presieduta da Anna R.G.Rivelli, vicepresidente è Michela Merlino.

Anna Rivelli è molto impegnata nella vicenda di Elisa Claps e sul sito dell’associazione ha postato vari interventi. A Pino Nicotri ha scritto:

“Grazie per essersi interessato a questa vicenda, ma vorrei precisare che non è vero che la gente e i giornalisti cercano in qualche modo di non “disturbare” la Chiesa, anzi! Più volte e a gran voce è stato chiesto alla Chiesa locale di chiarire la propria posizione, ma… Monsignor Superbo ( è lui ora l’Arcivescovo; Appignanesi lo era all’epoca della scomparsa di Elisa), vicepresidente della Cei e prima tanto presente nel dibattito culturale della città, si è come volatilizzato… non si vede più in giro, non parla più, mentre alcuni suoi “bravacci” di tanto in tanto sbarellano sui giornali nel tentativo di difendere l’indifendibile; e puntualmente ricevono risposte feroci.

“Quello che dice di Don Sabia è esatto, ma, conoscendo i dettagli della vicenda che qui abbiamo seguito dal lontano 1993, è molto più probabile che il suo ruolo sia stato quello dell’aiutante ( e che aiutante!!!) e non quello del protagonista. D’altro canto le “amicizie” della Chiesa erano tali da favorire uno scambio di “favori” .

“Questo giustificherebbe anche il silenzio di Don Vagno. Restivo, d’altro canto, era più che strano fin da ragazzino; andava curato. D’abitudine girava armato di forbici o di coltello per tagliare i capelli alle ragazze, ma qualche volta il coltellino lo aveva usato anche per ferire”.

Da quel che si legge, l’associazione è vicina alla tesi che vuole Restivo colpevole, ma coperto e aiutato dal clero locale.

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Marco Benedetto