ROMA – ''La manifestazione in qualsiasi contesto dell'opinione sull'operato di colui che svolga una pubblica funzione non puo' tradursi in attacco alle sue qualita' personali''. Con queste motivazioni la Cassazione ha confermato la condanna per diffamazione inflitta dalla Corte d'Appello di Milano per Annamaria Franzoni che aveva in una trasmissione di porta a Porta criticato l'operato degli inquirenti della Procura di Ancona durante l'inchiesta sull'omicidio del piccolo Samuele.
La Franzoni durante la trasmissione televisiva di Bruno Vespa aveva accusato la Procura di trascurare la gravita' dell' omicidio del figlio rendendola ''capro espiatorio'' per trarre ''divertimento dal rilievo di stampa''.
A seguito dell'intervista il procuratore Maria Del Savio Bonaudo aveva inoltrato la denuncia per diffamazione e a Annamaria Franzoni era stata inflitta la condanna ad 800 euro di multa da parte del Tribunale di Milano, sentenza confermata in Appello. Nel ricorso in Cassazione, la difesa della Franzoni aveva sostenuto che le frasi estrapolate dall'intervista non erano attacchi personali al magistrato Bonaudo, semmai critiche lecite all'attivita' della Procura. Non cosi' per i supremi giudici che nel confermare la condanna nella sentenza numero 25468 scrivono: ''la manifestazione in qualsiasi contesto dell' opinione sull'operato di colui che svolga una pubblica funzione non puo' tradirsi in attacco alle sue qualita' personali. L' indagato ha diritto di manifestare il suo pensiero nei confronti di chi svolge le indagini.
Ma l'esercizio del suo diritto di critica si giustifica solo qualora l'opinione, obiettivamente offensiva da lui espressa, offra una tesi dialetticamente confutabile, che percio' non consista nell'asserto apodittico di disvalore connaturato al modo da dire del magistrato di iniziativa penale, le cui scelte sono vincolate al rispetto della legge, proprio per la tutela dell'interesse pubblico alla punizione del reato''.
